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L'aiutino della Boldrini in cerca di un seggio sicuro

Alla Camera ha dato l'ok alla mozione forzando le regole. E spera che i dem la sostengano

L'aiutino della Boldrini in cerca di un seggio sicuro

Roma Un aiutino dalla Boldrini. Una piccola «forzatura» istituzionale. Una leggera spintarella insomma, ma è bastata per favorire la manovra organizzata da Matteo Renzi per bloccare la conferma del governatore Visco a Palazzo Koch e per trovare così un perfetto punching ball alternativo sul crac delle banche in vista della campagna elettorale. Infatti secondo le accuse di alcuni esperti di diritto, autorizzando la presentazione della mozione Laura Boldrini avrebbe interpretato in maniera troppo creativa il regolamento della Camera. E adesso in cambio potrebbe sperare in un buon collegio alle prossime elezioni in una lista di sinistra collegata al Pd.

Il mandato di Ignazio Visco scade tra una decina di giorni e la scelta del successore spetta a Mattarella su proposta del governo dopo il parere del direttorio della Banca d'Italia. Un meccanismo complicato, barocco forse, però studiato apposta per garantire la terzietà dell'istituto. Una procedura sulla quale il Parlamento non dovrebbe avere voce in capitolo, e comunque nessun potere di indirizzo.

Perché allora la Boldrini ha dato il via libera alla mozione? Perché non ha ascoltato gli esperti dell'ufficio legislativo di Montecitorio che a quanto pare avevano espresso forti dubbi sull'autorizzazione? Perplessità a cui sul Secolo XIX da voce Lamberto Dini: «Il luogo in cui discutere di Banca d'Italia è la commissione di inchiesta. Quelle mozioni in aula dovevano essere dichiarate inammissibili dalla presidenza della Camera, perché il Parlamento non ha alcuna competenza sulla nomina del governatore». Ex presidente del Consiglio, ex ministro dell'Economia, ex direttore generale di Bankitalia: Dini di certe cose se ne intende. E in questo quadro si capisce di più pure il forte disappunto del Colle, dove qualcuno ha parlato di gesto al limite dell'eversione.

Si comprende anche il tentativo del Pd di spostare la questione sul piano politico. «Rispetterò la decisione di Gentiloni - ha spiegato Renzi -, però sostenere il cattivo funzionamento della Banca non è un atto di lesa maestà». E Matteo Richetti, il portavoce del partito, ha precisato: «Abbiamo espresso una posizione politica in Parlamento, dove è d'uopo farlo, e su una mozione del M5s, la cui discussione è stata ritenuta legittima dalla presidente».

Ecco il peccato originale della Boldrini, aver consentito la presentazione del testo dei grillini: dopo non poteva certo dire no al Pd. Ma lei nega di aver sbagliato. «La mozione era calendarizzata da tempo e nessuno aveva avanzato obiezioni formali, neanche la rappresentante del governo sempre presente alle riunioni della capigruppo. La presidenza della Camera giudica sull'ammissibilità regolamentare; gli altri sull'opportunità politica».

Ora il dentifricio non può rientrare nel tubetto e nemmeno le parole successive della Boldrini cambiano la situazione. «Io mi allineo a quanto detto dal presidente della Repubblica, la Banca d'Italia è un'istituzione che va tenuta fuori dalle polemiche nell'interesse dello Stato».

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