L'altra donna di Alessandro: "Avevo paura per me e Giulia"

I verbali: "Registravo le chiamate, quando è scomparsa mi feci accompagnare a casa. Dopo l'omicidio disse: Dorme"

L'altra donna di Alessandro: "Avevo paura per me e Giulia"
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«Con Giulia ci siamo abbracciate, appena ci siamo viste»: parla la ragazza che aveva una relazione parallela con Alessandro Impagnatiello, in carcere per l'omicidio a Senago, nel Milanese, della compagna che era incinta di sette mesi. Anche lei, una 23enne italoinglese che lavorava con l'uomo, era rimasta incinta, ma aveva interrotto la gravidanza. Sentita dai carabinieri di Milano, descrive i rapporti con quella che doveva essere una rivale in amore e invece era diventata un'amica con cui solidarizzare. Le due donne infatti capiscono subito di essere allo stesso modo vittime di un bugiardo patologico e di un manipolatore. La cameriera è stata la prima, quando ha saputo che Giulia Tramontano era scomparsa, a intuire che qualcosa non andava e che la sera del 27 maggio in casa dei due fidanzati era successo una cosa brutta. «Avevo paura di Alessandro», mette a verbale.

La 23enne e l'indagato si frequentavano dal luglio 2022, quando lui stava con Giulia già da oltre un anno. «All'inizio - dice la giovane - sapevo che aveva una ragazza, ma poi lui mi disse che si erano lasciati (...) Tant'è vero che io alcune volte sono stata a dormire a casa sua a Senago (...) Ad un certo punto, ad aprile, lui è partito per Ibizia e aveva detto che era da solo, ma io avevo compreso che non era così». Subito dopo la ragazza controlla il cellulare di quello che crede essere il suo fidanzato e conoscendo il pin scopre le foto di Giulia a Ibiza, palesemente incinta. Impagnatiello si giustifica «dicendo che quel bambino che Giulia portava in grembo non era suo (...). Mi disse che il motivo del viaggio insieme a Giulia era perché lei era giù di morale». Per dimostrare che Giulia non è incinta di lui, il 30enne arriva persino a falsificare un test del Dna. Però anche su questo viene smascherato dalla collega amica. Dopo aver scoperto l'ennesimo inganno la 23enne comincia a registrare le telefonate con il compagno. Poi, per il pomeriggio di sabato 27 maggio, il giorno dell'omicidio, organizza un incontro con la vittima proprio nel bar dove lei e Alessandro lavorano. «Lì in quella conversazione ci siamo accordate pacificamente, anche perché eravamo entrambe vittime di un bugiardo (...) Giulia è arrivata e abbiamo chiacchierato tranquillamente. (...) Il nostro incontro è stato veramente cordiale, tant'è che appena ci siamo viste ci siamo abbracciate per solidarietà femminile».

La 29enne poi uccisa chiude l'incontro con l'intenzione di lasciare il fidanzato. «Mi ha detto che Alessandro non avrebbe mai visto il figlio e che a lei interessava solo il bimbo e la sua salute». Sarebbe tornata a Senago «per parlare con Alessandro e per lasciarlo. Io le ho anche proposto che se ne avesse avuto bisogno, poteva venire da me a casa a dormire». Le due giovani donne vanno avanti a sentirsi via messaggio. Ma in serata Giulia comincia a rispondere in modo sospetto: «Ha iniziato a scrivere messaggi strani, completamente diversi dal tenore della nostra conversazione. Il tono era freddo e sostanzialmente mi diceva che non era stata sincera con me e che dovevo lasciarla stare». In realtà era Impagnatiello a rispondere, Giulia era già morta.

La 23enne è al lavoro fino a tardi. Quando Giulia smette di risponderle, lei scrive al 30enne, chiedendogli dove fosse finita la fidanzata. Di contro lui insiste per vederla da solo, in quel momento ha già commesso l'omicidio. «Le sue richieste erano talmente pressanti che mi ha accompagnato un collega a casa poiché anche loro preoccupati». La ragazza riesce a entrare nell'appartamento senza farsi notare da Alessandro che la aspetta e non lo fa entrare per paura. Non sa infatti che fine abbia fatto Giulia. La cameriera dal lavoro aveva provato a farsi mostrare la donna incinta in videochiamata da Impagnatiello, ma lui aveva detto prima che dormiva e poi che era da un'amica.

I due si parlano per nove minuti: «Era palesemente agitato, tanto da apparire sudato». Domenica 28 alla fine del turno del 30enne la collega nota un dettaglio, che riesce a fotografare: dal suo zaino «spuntavano dei guanti in lattice azzurri che ha preso da lavoro».

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