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La Lamorgese si sfila dai pasticci di Palermo. "Occorre una legge"

La ministra dell'Interno: caos nei seggi colpa del Comune. Ma vuole aumentare i compensi

La Lamorgese si sfila dai pasticci di Palermo. "Occorre una legge"

Il caos dei seggi a Palermo? La spia di un problema generalizzato. Sul quale, però, il Viminale alza le mani. Scaricando sul Parlamento la responsabilità di trovare una soluzione alle defezioni in serie dei presidenti di seggio. Parola di Luciana Lamorgese, chiamata ieri a rispondere del caso nel question time a Montecitorio e, nell'occasione, tanto pronta a rilevare una criticità del sistema elettorale quanto rapida nel deviarne la soluzione (e le responsabilità). Per il ministro dell'Interno, insomma, le tante rinunce piovute sul voto di Palermo domenica non sono un caso isolato. Anche altri seggi in altre città si sono ritrovati a ridosso delle elezioni amministrative a corto di personale, contando numerose defezioni soprattutto tra i presidenti di seggio, quelli più gravati da responsabilità. Per fortuna degli elettori (e del ministro), però, in tutti gli altri casi non ci sono stati particolari problemi ai seggi, i sostituti si sono presentati tempestivamente e le operazioni di voto si sono potute svolgere regolarmente.

Ma se il problema è diffuso, e la Lamorgese non sembra preoccuparsi di come correre ai ripari, il disastro domenica scorsa è andato in scena solo a Palermo. Così la titolare del Viminale, prima di ricostruire la giornata orribile dei seggi nel capoluogo siciliano, premette e non è un caso - che lì nell'isola la questione è di esclusiva competenza regionale. E a quel punto la grana dei 170 presidenti rinunciatari, esplosa già venerdì, è rimasto un «problema interno» del Comune di Palermo, che non è stato risolto né a livello locale né con le «sollecitazioni» arrivate dalla prefettura fino alle 15 del giorno del voto, quando i seggi avrebbero dovuto essere aperti già da otto ore.

La figuraccia ricade sul sindaco uscente Leoluca Orlando, che già a caldo si era difeso annunciando di aver denunciato tutti gli assenti alla procura della Repubblica. Ma lo sfacelo palermitano, nelle parole di ieri del ministro, diventa quasi un successo: per la Lamorgese, che glissa sulla contemporanea partita del Palermo da molti indicata come «innesco» del caos ai seggi, la fine dell'emergenza nel pomeriggio avrebbe, infatti, «scongiurato» il ricorso all'accorpamento dei seggi - altra proposta arrivata dalla prefettura per ovviare alla mancanza di presidenti.

Insomma, lo statuto speciale siciliano fa da scudo alla ministra, che può arrendersi alla magagna dei seggi nel giorno del caos e può farlo senza doversene assumersene le responsabilità. Ma non è tutto. Perché di fronte a un fenomeno che non è solo siciliano, e che dunque solo per caso non ha riguardato la competenza sua e del ministero, Lamorgese snocciola una diagnosi che vede come primo responsabile della «tendenza alla fuga» dei presidenti un movente economico scadente. Troppo magro il compenso per blindare i responsabili dei seggi, secondo il ministro. Che terminata l'analisi non si dilunga nella ricetta ma gioca allo scaricabarile, limitandosi a caldeggiare «l'avvio di una riflessione parlamentare» che possa portare a una risposta «sul piano legislativo».

E tutto per aumentare la «paghetta» ai presidenti, che a dirla tutta non era poi così scarsa: visto il gran numero di schede dovute al referendum, un presidente di seggio alle ultime amministrative ha guadagnato intorno ai 260 euro, soldi non soggetti a ritenuta d'imposta e che non concorrono alla formazione del reddito a fini fiscali, oltre ad aver diritto a un giorno di riposo compensativo.

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