
Se la riforma governativa della giustizia va avanti a schiacciasassi senza modifiche, la colpa è anche dell'Anm, l'Associazione nazionale magistrati, che mentre la riforma prendeva corpo ha scelto la strada dello scontro frontale, «trasformandosi in un soggetto politico di opposizione», anziché prendere la via del dialogo. A spiegarlo al Giornale è Claudio Galoppi, segretario di Magistratura indipendente, la corrente più moderata della Anm.
Però anche la sua corrente, dottor Galoppi, ha scioperato contro la riforma.
«Certo, perché è una riforma sgangherata che non risolve nessuno dei problemi esistenti e ne crea di nuovi. Cito per tutti: di fatto viene istituita una corporazione separata fatta solo di pubblici ministeri che renderanno conto del loro operato solo a se stessi, senza temere contraccolpi alla carriera da parte dei giudici. Potrei andare avanti a lungo. Ma il problema è che questa riforma era nel programma della coalizione che ha vinto le elezioni e che legittimamente rivendica il diritto di attuare il mandato ricevuto. Noi invece dobbiamo chiederci: l'Anm ha fatto di tutto perché il testo venisse modificato quando era ancora possibile? Io dico di no. Non abbiamo dialogato. Abbiamo perso l'occasione per un confronto reale. Se fosse stato avviato anni fa, ci sarebbe stata la possibilità di incidere concretamente nel percorso della riforma, nell'interesse non tanto dei magistrati quanto dei cittadini. E non si è scelta questa strada perché si è fatto dell'Anm uno strumento di contrapposizione politica al governo».
Il nuovo presidente dell'Anm, Cesare Parodi, ha chiesto di essere ricevuto a Palazzo Chigi: ma non è cambiato nulla.
«Parodi è un uomo equilibrato e aperto al dialogo. Il danno l'ha fatto chi c'era prima di lui, e ormai è irreparabile. La partita è persa, la riforma verrà approvata. Tra qualche anno se ne vedranno le conseguenze negative».
I capi di Area, la corrente di sinistra, non hanno fatto autocritica. Anzi, rincarano continuamente le dosi contro il governo.
«La differenza tra noi e loro è che non abbiamo accettato mai e poi mai di usare l'Anm come strumento di contrapposizione politica. Per Magistratura indipendente, non esistono governi amici e governi nemici. Dovrebbe essere un'ovvietà, ma certe scelte di chiusura pregiudiziale al dialogo mi fanno pensare che non tutti la pensano così».
Il presidente Parodi è uomo pacato, ma intorno a lui c'è chi come il segretario Rocco Maruotti fa la voce grossa senza consultarsi con nessuno.
«Il segretario Maruotti farebbe bene a specificare se parla a titolo personale o dell'Anm».
Da questo scontro l'Anm esce ridimensionata?
«Io sono fiducioso che il presidente Parodi riporterà l'Associazione sulla strada del dialogo istituzionale, che è quello che ci compete: abbiamo il dovere e il diritto di commentare tecnicamente le leggi, indicando cosa funziona e cosa no, ma non di fare opposizione politica. Nel frattempo, è montato un clima quasi punitivo nei confronti dei magistrati».
In che senso?
«È giusto che i magistrati siano sottoposti a valutazione periodiche di professionalità, ed è opportuno che anche gli avvocati dicano la loro. Ma ora l'Ordine degli avvocati di Milano ha allestito una piattaforma in cui i magistrati possono essere oggetti di segnalazioni di cui ci si preoccupa di garantire la segretezza. Questa è una forma di delazione anonima. Si vuole fare la Tripadvisor dei magistrati? Ma c'è un tema che mi angoscia di più».
Quale?
«Il carcere. Non riesco a credere che si possa considerare il suicidio in carcere la normalità. Ci sono in carcere malati psichiatrici che dovrebbero stare altrove, in strutture che non esistono, e per i quali la cella è l'anticamera del suicidio. So che il ministro Nordio ha a cuore il problema del carcere, sta lavorando bene, ma intanto si continua a morire. Serve un provvedimento di clemenza».
Sta proponendo una amnistia?
«Sì, per i reati meno gravi e per i detenuti meno pericolosi. Mi attacchino pure, ma è ciò che mi dice la mia coscienza».