L'appello dell'ex dj Fabo: "Basta, lasciatemi morire"

A 39 anni cieco e tetraplegico dopo un incidente in auto. "Mi sento immerso in una notte senza fine"

L'appello dell'ex dj Fabo: "Basta, lasciatemi morire"

Milano - Una «notte senza fine». Una notte in cui non vede altra via d'uscita: «Vorrei poter scegliere di morire, senza soffrire».

La notte di Fabiano Antoniani è iniziata il 13 giugno 2014, quando un terribile incidente d'auto lo ha bloccato in un letto, cieco e tetraplegico. Non riesce neanche più ad ascoltare la musica, quella musica che era la sua vita. Fabiano oggi ha 39 anni ed era un dj, ha lavorato in mezzo mondo, ha vissuto a lungo in India, amava lo sport, le moto e l'avventura. Ha fatto un po' di tutto, anche l'assicuratore e il broker, ma suonare per gli altri lo rendeva felice. Era conosciuto come «dj Fabo». Ora parla a fatica ed è stata la fidanzata Valeria a prestargli la sua voce per registrare l'appello indirizzato al capo dello Stato. «Grazie Sergio» è ciò che Fabiano dice a Mattarella al termine di due minuti di un video che è sobrio e commovente. «Fabo» spiega di non essere depresso: «In questi anni - dice - ho provato a curarmi, anche sperimentando nuove terapie. Purtroppo senza risultati. Da allora mi sento in gabbia». «Non sono depresso - assicura - ma non vedo più e non mi muovo più». Manifesta il desiderio di spegnere questa notte, scegliendo di morire senza soffrire, ma non può farlo e oggi non può chiederlo a nessuno.

Si riapre così, con la toccante testimonianza di Fabiano raccontata dal Corriere della Sera, la discussione sul fine vita. Si riapre dieci anni dopo lo storico caso di Piergiorgio Welby, poeta, pittore, scrittore e poi militante radicale e presidente dell'associazione Luca Coscioni, la stessa che oggi è al fianco di Fabiano e sostiene la sua battaglia per l'eutanasia. L'Associazione ha deciso di aiutare Fabo a raccontare la sua storia trasmettendola al presidente della Repubblica e, attraverso di lui, al Parlamento e all'opinione pubblica. Fabiano chiede a Mattarella la stessa cosa che Welby chiedeva a Giorgio Napolitano. Ciò che i militanti radicali chiedono da sempre, con i digiuni e la «non violenza», ai loro interlocutori istituzionali: prendere una decisione. «Signor presidente - prosegue il messaggio - sappiamo che non spetta a lei approvare le leggi. Le chiediamo però di intervenire affinché una decisione sia presa, per lasciare ciascuno libero di scegliere fino alla fine». Liberi dall'inizio alla fine recita il motto dell'associazione Coscioni per la libertà di ricerca scientifica e i diritti civili che nel 2013 ha depositato in Parlamento la proposta di legge per l'eutanasia legale. Il 30 gennaio, in aula, la Camera discuterà il testo di legge sul testamento biologico, dopo oltre 3 anni da quella proposta di legge di iniziativa popolare. «Un passo fondamentale verso l'obiettivo per cui l'Associazione si batte: il riconoscimento del diritto di scegliere come e quando terminare la propria vita e interrompere la propria sofferenza» dice la segretaria dell'Associazione Luca Coscioni, Filomena Gallo. Il testo sul fine vita elaborato dalla commissione Affari sociali della Camera è stato preparato e sono stati presentati oltre 3mila emendamenti.

«Inopportuno nei tempi e inaccettabile nei contenuti» lo ha definito invece Raffaele Calabrò, capogruppo di Area popolare in commissione: «È carente sotto diversi aspetti: ad esempio - osserva Calabrò - non disciplina il divieto di accanimento terapeutico, né tiene in giusta considerazione il ruolo del medico, avendo come unico obiettivo l'introduzione dell'eutanasia passiva, attraverso la sospensione dell'idratazione e alimentazione artificiale». E per Ap la corsa alla calendarizzazione in Aula «è a dir poco inopportuna».

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