L'appunto

Lo scandalo di Roma rischia di far male anche a Palazzo Chigi

Se si tornasse alle urne, infatti, perdere Roma sarebbe più di un'eventualità

Lo scandalo di Roma rischia di far male anche a Palazzo Chigi

Il cosidetto «piano B» è sulla scrivania di Matteo Renzi ormai da giorni. Perché a Palazzo Chigi sono ben consapevoli del fatto che Mafia Capitale rischia di abbattersi sul Campidoglio e travolgere anche Ignazio Marino. Non che il premier abbia una particolare sintonia con il sindaco di Roma, ma il timore è che se davvero saltasse il Pd potrebbe trovarsi davanti ad uno spartiacque. Se si tornasse alle urne, infatti, perdere Roma sarebbe più di un'eventualità, con tutte le ricadute che questo avrebbe sullo scenario nazionale. Soprattutto se il candidato del Pd - che secondo i sondaggi nella capitale sarebbe crollato al 17% - venisse sconfitto da quello del M5S, che a Roma va forte e che potrebbe anche mettere in campo un nome di peso come quello di Alessandro Di Battista. Una prospettiva davvero infausta per Renzi, anche perché una situazione del genere si porta dietro conseguenze imprevedibili e pure il governo nazionale - che ha già i suoi fronti aperti, dall'immigrazione alla scuola - potrebbe finire impantanato.

Il premier lo sa bene, tanto che l'ipotesi che a Roma si possa tornare al voto è già stata studiata, con Marianna Madia e Roberto Giachetti possibili candidati forti. La conferma che se mai si dovesse arrivare alle urne, Renzi vuole fare quanto in suo potere per non perdere il Campidoglio. D'altra parte, che Marino sia costretto al passo indietro non è più solo un caso di scuola. E la conferma arriva proprio dal comportamento del sindaco che ieri in Consiglio comunale ha risposto alle contestazioni di M5S e Casapound facendo il segno della vittoria e mimando baci. Una replica che voleva essere ironica, ma che mostra un sindaco nervoso e facilmente irritabile. Un segnale evidente di debolezza.

Il fronte che si è aperto a Roma, insomma, è esplosivo. Per il tipo d'inchiesta e per i reati contestati. E il premier rischia di pagarne le conseguenze in prima persona, nonostante il Pd in questione sia quello della cosiddetta Ditta. D'altra parte, pure Vincenzo De Luca alle primarie del 2012 era schierato con Pier Luigi Bersani mentre oggi tocca invece al presidente del Consiglio farsi carico politicamente del problema della Severino. Una partita, quella della Campania, che rischia di accavallarsi a quella romana.

Della quale di qui a qualche giorno si capirà di più. Perché le dimissioni di Marino potrebbero essere l'unico modo per mettere la sordina al fiume di intercettazioni che di qui a breve potrebbero invadere le redazioni dei giornali.

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