L'assalto in ospedale dello zio di Matias: "Ammazzo io suo padre"

Armato di coltello, voleva vendicare il nipote sgozzato dal polacco. Bloccato dai carabinieri

L'assalto in ospedale dello zio di Matias: "Ammazzo io suo padre"

Per un attimo si è temuto che il dramma, già di per sé enorme, assumesse una dimensione ancor più tragica. Ubaldo Marcelli, lo zio del piccolo Matias, il bimbo ucciso in casa a Vetralla (Viterbo) dal padre, Mirko Tomkow, ieri ha fatto irruzione nell'ospedale di Belcolle armato di coltello urlando: «Ditemi dov'è Mirko che lo ammazzo». È stato bloccato dai carabinieri che piantonano nello stesso nosocomio l'uomo che ha ammazzato il figlioletto per vendicarsi della moglie. Il motivo? Lei, a seguito delle ripetute violenze, aveva deciso di lasciarlo. Lo zio di Matias si è presentato con un coltello in mano, chiedendo a tutti dove fosse Tomkow. Fermato dai militari, è stato denunciato per porto abusivo di armi da taglio e ricoverato in stato di choc. Si è così evitato che l'angosciante vicenda di Matias, il bimbo di 10 anni ammazzato dal padre, avesse una coda ancor più sciagurata. Una vicenda che ha lasciato il segno in tutto il Paese per l'efferata brutalità: una mamma che rientra a casa nel pomeriggio e trova il figlioletto in un lago di sangue, sgozzato dal padre. Nella stanza accanto - in stato di semi incoscienza - un 44 enne polacco, in precedenza raggiunto da un provvedimento di divieto di avvicinamento alla moglie e al figlio, emesso dal tribunale di Viterbo dopo che la donna - una albanese di 37 anni - lo aveva denunciato per le continue aggressioni. L'uomo, nel giorno precedente al delitto, era stato dimesso da un nosocomio romano dov'era ricoverato per Covid.

Sabato scorso è stato celebrato nella chiesa di Santa Maria del Soccorso, a Vetralla, il funerale del piccolo Matias davanti a centinaia le persone tra cui tanti compagni di scuola del bambino ucciso. Alla fine delle esequie sono stati lanciati in aria decine di palloncini gialli con il nome delle bambine e dei bambini che avevano conosciuto Matias.

Intanto la madre del piccolo è ancora in stato di choc e resta ricoverata, incapace di darsi una risposta alla ferocia che ha spinto l'ex marito a sferrato quella coltellata mortale alla gola del loro bimbo.

Marjola, questo il suo nome, è una donna distrutta: non ha ferite fisiche, ma il trauma psicologico è tale da impedirle di parlare e reagire. Parlano per lei, invece, le numerose testimonianze di vicini, parenti e amici, tutti concordi nel descrivere la sua vita di inferno accanto a un uomo che non le dava tregua, neppure quando la loro relazione era finita. Anzi, proprio questo è stato l'elemento scatenante per il raptus criminale che ha spinto il padre di Matias a non avere pietà neppure della carne della sua carne.

Un delitto subito confessato. Anche perché le prove erano così evidenti da non permettere a Tomkow nessun tipo di difesa. La moglie lo aveva trovato privo di sensi in una stanza adiacente a quella dove era riverso in una pozza di sangue il povero Matias con la gola squarciata da un unico fendente. Immediata la chiamata ai carabinieri. Inutile ogni soccorso per il bimbo. L'uomo viene arrestato. La mamma del piccolo è viva, ma è come se anche lei fosse morta.

Tomkow, nei giorni precedenti al dramma, era stato ricoverato in una clinica romana per Covid e si era negativizzato dopo i 21 giorni di isolamento; libero di uscire, è tornato nella abitazione della ex e del bambino alla quale gli era stato fatto divieto di avvicinarsi.

Unico obiettivo: vendicarsi. Uccidendo un innocente.

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