L'assalto alla troupe della Rai. Pietre e violenza: morto l'autista

Il racconto dell'inviata del Tg3 Goracci: "Eravamo a Nord di Sidone, preso di mira il cameraman Nicois. Ci siamo rifugiati dentro l'auto. Il driver ha avuto un infarto"

L'assalto alla troupe della Rai. Pietre e violenza: morto l'autista
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Il drammatico racconto dell'accaduto lo fa telefonicamente l'inviata del Tg3 in Libano, Lucia Goracci. Era in auto con l'operatore Marco Nicois, quando ieri la troupe Rai è stata aggredita da uomini forse di Hezbollah. Aveva chiesto tutti i permessi per muoversi nel Paese dei Cedri, ma non è bastato. «Eravamo nel villaggio di Jiyeh, a Nord di Sidone, sul luogo di un bombardamento di due notti fa»", racconta Goracci. «Stavamo riprendendo senza problemi, poi un uomo si è scagliato verso l'operatore tentando di strappargli via la telecamera, abbiamo protetto Marco e siamo tornati in auto per allontanarci». In pochi secondi sono arrivate altre persone «che hanno preso a spintonare l'auto». L'uomo «ha provato a tirarci una grossa pietra, c'era chi lo tratteneva, chi lo aizzava, siamo andati via veloci e quando il nostro autista si è fermato in un distributore di benzina questo stesso uomo ci è venuto addosso, ha strappato le chiavi all'autista e ha tentato di rompere la telecamera attraverso i finestrini».

L'esperto conducente, Ahmad Akil Hamzeh, cardiopatico, ha provato una mediazione uscendo dall'auto tentando di convincere l'uomo a desistere, ma si è accasciato in pochi secondi. Un infarto. È morto in ospedale nonostante i tentativi di rianimarlo. Si trovavano insieme a pochi km a Nord di Sidone, città a circa 40 km a Sud di Beirut annoverata nei libri come la più antica del Libano. E oggi, dentro una crisi militare nella crisi politica, Sidone e la sua superstrada sono ancora uno snodo centrale per avere il polso della situazione, in un'area al di sopra del fiume Litani lontana dalla Linea Blu della missione Unifil.

Proprio a Sidone nei giorni scorsi si erano svolti i funerali di alcuni civili libanesi. In una città storicamente a maggioranza sunnita, molti sono gli sciiti presenti anche alle cerimonie funebri, ma le latenti tensioni interreligiose stanno mandando in tilt il precario equilibrio. Sidone è una di quelle aree dove le milizie del Partito di Dio continuano a gestire accessi e decessi, specie ora che molti miliziani si sono allontanati dal sud. La troupe Rai aveva avvisato. Ma l'accaduto è la prova di quanto sia difficile raccontare la guerra in un Paese che era allo sbando prim'ancora che iniziassero le operazioni israeliane. Come accaduto a Gaza con Hamas, la fedeltà al Partito di Dio si misura improvvisamente ora in Libano con una chiamata alla violenza tra i cittadini che non imbracciano armi, che non gradiscono i giornalisti. Infatti, racconta Goracci, «nessuno ci è venuto in aiuto, Ahmad ha cercato di farsi ridare le chiavi ma si è accasciato a terra. È arrivata l'ambulanza, siamo corsi in ospedale». L'autista lavorava con gli uffici Rai di Gerusalemme da anni. «Non abbiamo parole per descriverne la profondità umana e la dolcezza», racconta Goracci.

Solidarietà bipartisan dalla politica. Su X, la premier Meloni ha espresso vicinanza ai familiari di Ahmed e alla troupe. La segretaria dem Schlein stigmatizza la gravissima aggressione. In una zona in cui sembra tornata l'anarchia che nel 2011, proprio a Sidone, vide un ordigno colpire un mezzo dei Caschi Blu italiani sulla strada.

Dove quelle regole che valevano fino a pochi giorni fa, che permettevano ai reporter di documentare ciò che si vede con gli occhi sul campo, oggi saltano rapidamente: con Hezbollah mai così debole e un nervosismo che può andare fuori controllo. Per una telecamera e per un sì che per altri era no.

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