Non expedit. Tra i cattolici si fa sempre più forte la tentazione di chiamarsi fuori dalla prossima campagna elettorale.
L'accelerazione sulla legge per il fine vita, con una serie di norme che sembrano l'anticamera dell'eutanasia (l'idratazione come cura e il no all'obiezione di coscienza dei medici, per esempio) ha bruciato l'ultimo fragilissimo ponte tra il centrosinistra e i cattolici.
Troppe le concessioni alle istanze più radicali, come l'ok alle coppie gay e di fatto all'utero in affitto imposte con il voto di fiducia. «Sulla vita come bene disponibile non si scende a patti, anzi non ci si siede neanche al tavolo delle trattative. Come con le Br», è il ragionamento di molti. Pesa anche l'interpretazione «doppia» di certi messaggi di Papa Bergoglio, con spiragli su temi come il divorzio e la comunione che per alcuni giornali diventano voragini. Ma mai come in questa fase si fa sentire la mancanza di un partito che fai dei valori cattolici la sua principale bandiera. Gli ammiccamenti dei grillini sul lavoro domenicale sembrano tardivi e puzzano d'opportunismo, e molti restano i punti di distanza, specie sul tema dell'accoglienza. Stesso discorso vale per la Lega e in parte anche per gran parte del centrodestra, che su certi temi «pesanti» si è spesso timidamente nascosto dietro l'obiezione di coscienza.
L'errore è credere che alla fine anche i credenti voteranno turandosi il naso. No. I cattolici non sono stupidi. E non dimenticano. Chi pensa che alla fine lo strappo possa ricucirsi non ha interpretato lo stato di smarrimento che si registra tra i fedeli per la deriva eugenetica che ha polverizzato con una serie di leggi e di sentenze della magistratura questioni delicatissime come la vita (fecondazione assistita, diagnosi preimpianto degli ovuli, utero in affitto), la famiglia e la morte.
Non quello delle organizzazioni che storicamente simpatizzano per destra e sinistra, come le Acli o Cielle, bensì quello del cattolico «vero», sganciato da logiche ideologiche che sente su di sé la responsabilità del mandato «in bianco» affidato a chi, oggi in Parlamento, ha di fatto avallato quella che l'arcivescovo di Torino monsignor Cesare Nosiglia chiama «la cultura dello scarto», che ha trasformato persone con disabilità, malati inchiodati in un letto d'ospedale o immigrati che scappano da una guerra o semplicemente dalla fame un costo per la collettività, per non dire un pericolo. I cattolici non si fidano più. Errare è umano, perseverare - mai come ora - sarebbe diabolico.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.