L'attacco alla Segre è un punto di non ritorno. E a sinistra adesso monta l'insofferenza

Protagonismo e arroganza, la leader dei pro Pal già in crisi

L'attacco alla Segre è un punto di non ritorno. E a sinistra adesso monta l'insofferenza
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Qualcosa è cambiato, per Francesca Albanese. Qualcosa si è rotto nel discorso pubblico della relatrice Onu, leader virtuale del movimento "pro Pal" in Italia.

La sinistra, che in pratica le ha affidato la narrazione su Gaza, ora si capacita che è stato un errore consegnarsi così a una figura oltranzista e non controllabile. E sembra pentirsene, lo dimostrano oggi sia le reazioni esplicite, sia il mugugno montante per il protagonismo sfrenato di Albanese.

Dopo lo scivolone di Reggio, con l'umiliazione inflitta al sindaco (Pd) Marco Massari, la "stella" di Albanese sembra aver imboccato una parabola decisamente discendente. Segna un punto di non ritorno l'attacco a Liliana Segre, in particolare l'intervista di lunedì, sul tema del presunto "genocidio" che Albanese vede in atto a Gaza e di cui altri (tra cui Segre) non ravvisano gli estremi. Con "Fanpage", non si sa in virtù di quale autorità morale, Albanese ha teorizzato che non è l'opinione della senatrice "a stabilire la verità su quanto sta accadendo" a Gaza, e questo per "un condizionamento emotivo" che non la renderebbe "imparziale e lucida davanti a questa cosa".

In pratica, la relatrice Onu ha negato a Liliana Segre la sua dimensione di testimone della Shoah, proprio quella in cui si è a lungo impegnata nelle scuole, e non solo, e che le è valsa la nomina a senatrice a vita del Quirinale.

"Io tra Francesca Albanese e Liliana Segre, non ho dubbi con chi stare" garantisce ad Huffington post Walter Verini, senatore Pd. Stesse parole di Renzi. Pina Picierno, vicepresidente dell'Europarlamento, sempre più leader dei riformisti dem, avverte: "In questi tempi difficili è necessario ristabilire i fondamentali: viva Liliana Segre". Categorica anche Elisabetta Gualmini, eurodeputata Pd, mentre Piero Fassino rinnova "solidarietà, amicizia e stima a Liliana Segre la cui dirittura morale - osserva - non sarà scalfita né dall'odio né dai pregiudizi". Ieri altri rilievi sono arrivati, e anche al di là della politica, pesano i giudizi negativi di opinionisti progressisti e "liberal".

Grande impressione ha destato il cattivo gusto dell'immagine che Albanese, pur professando "grandissimo rispetto per la senatrice Segre", ha usato per liquidare il suo giudizio. "La pietra di inciampo della logica - ha detto - è che se una persona ha una malattia, non va a farsi fare la diagnosi da un sopravvissuto a quella malattia, ma da un oncologo". Perfino Luca Telese, giornalista noto per l'orientamento pro Pal, ha fatto sapere di aver letto "con sconcerto" quelle parole. "Trovo folle - ha scritto - la metafora del malato di cancro che non potrebbe essere attendibile quando parla del cancro (il genocidio) perché solo l'oncologo (cioè lei) può parlare del cancro". Enrico Mentana pur "d'accordo su alcune delle tesi di fondo" di Albanese, ha definito "fesserie" quelle per cui, nelle tv, "non si sono trasmesse delle immagini perché c'è una sorta di superpotere che lo impedisce". Critico, e ironico, anche Massimo Gramellini sul Corriere, e Michele Serra, su Repubblica, partendo dalla "stima" per Albanese, si è detto "molto male impressionato dalla maniera brusca, e molto ex cathedra, con la quale "affronta le divergenze". "Il caso Albanese - osserva Luca Aniasi, presidente di Fiap, l'associazione di partigiani azionisti socialisti - è un fenomeno che andrebbe studiato con attenzione.

Rivela qualcosa di profondo: una parte della sinistra sembra affascinata da figure che offrono una visione semplicistica e polarizzante di questioni drammaticamente complesse". E a proposito dei premi. "Temo che col tempo - conclude - molte di queste istituzioni si renderanno conto di aver agito con leggerezza e se ne pentiranno".

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