L'Austria accelera sui rimpatri volontari: mille euro ai rifugiati che se ne vanno

Obiettivo 50mila stranieri in meno. Ma l'Italia paga già quasi il doppio

L'Austria accelera sui rimpatri volontari: mille euro ai rifugiati che se ne vanno

L'Austria stacca un assegno da mille euro per ogni migrante che accetti di imbarcarsi su un aereo di sola andata per tornare nel proprio Paese d'origine. Con lo stesso metodo e una cifra simile, duecento euro in più a persona, la Germania nel 2016 si è alleggerita di 54mila richiedenti asilo entrati in Europa attraverso la politica a porte aperte della cancelliera Angela Merkel e poi convinti ad abbandonare il sogno comunitario.

Risultati che ora, nel calderone dei confusi e finora ancora inefficaci accordi bilaterali siglati per frenare gli arrivi e facilitare le uscite dei migranti, spingono gli Stati membri a privilegiare l'incentivo economico per accelerare i rimpatri volontari assistito. Con il «Bonus-Aktion», l'Austria conta di far salire a 50mila le uscite complessive dal territorio entro il 2019 (sono state diecimila nel 2016, di cui 5.800 volontarie). Il primo stanziamento è già in vigore, ha annunciato il ministro dell'Interno Wolfgang Sobotk, prevede fino a mille euro a persona per i primi mille migranti che lasceranno definitivamente il Paese, ma esclude dai beneficiari gli stranieri provenienti dai Balcani e dal Kosovo.

Uno strumento, quello del bonus rimpatrio, che esiste anche in Italia, che lo finanzia attraverso il fondo europeo per l'asilo, ma finora rimasto zoppicante. Tra forzati e assistiti, i rimpatri dal nostro Paese sono stati appena meno di 6mila nel 2016, mentre il Viminale ha già stanziato quasi 12 milioni di euro (la metà viene coperta da risorse comunitarie) per cinque progetti finalizzati a riaccompagnare a casa circa 3.200 migranti che non abbiano ancora ricevuto il verdetto definitivo alla richiesta di asilo. Una goccia nel mare dei 180mila sbarcati l'anno scorso sulle nostre coste. I soldi, fino a duemila euro a persona, servono non solo per pagare il viaggio di andata a chi accetta volontariamente di andarsene (circa 400 euro), ma anche a garantire «l'assistenza in loco» ai rimpatriati nonché «favorire il loro processo di reinserimento». Per i familiari maggiorenni a carico del beneficiario viene riconosciuto un assegno aggiuntivo pari al 50% del contributo assegnato, quota che scende al 30% nel caso di figli minori. I migranti vengono aiutati a «sistemarsi» economicamente, attraverso assistenza nel pagamento dell'affitto, in corsi di formazione, nella ricerca di un lavoro, e nell'avvio di una propria attività. A patto che la «reintegrazione» venga monitorata per almeno sei mesi, così da scongiurare il rischio di nuove ripartenze dopo aver incassato il sussidio.

Ma l'ostacolo, oltre alla volontà di chi difficilmente è disposto ad accettare duemila euro per tornare indietro dopo aver pagato molto di più per arrivare nel nostro Paese attraversando il Mediterraneo su un barcone, sta ancora negli accordi bilaterali. Che l'Italia ha attivato con Libia, Tunisia, Nigeria, Marocco ed Egitto. Ma laddove mancano le intese, le procedure si inceppano nelle burocrazie internazionali e i rimpatri, anche volontari, restano lettera morta.

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