L'auto investe le Borse Banche centrali pronte a intervenire

Cina, petrolio e ora le paure di un dieselgate-bis: Fed frena sui tassi e Bce non esclude nuovi aiuti

L'auto investe le Borse Banche centrali pronte a intervenire

Vendete tutto, a parte i bond di altissima qualità». A un certo punto della giornata di ieri, l'invito alla ritirata di massa da parte degli analisti di Royal Bank of Scotland è stato quasi preso alla lettera. Sui mercati, già tesi come corde di violino a causa dei contorcimenti dell'economia cinese e per la picchiata dei prezzi del petrolio, era piombata un'altra di quelle tegole capaci di tramortire i listini. «Dieselgate-bis»: nelle sale operative, passava di bocca in bocca la notizia del nuovo scandalo, del secondo capitolo delle emissioni taroccate. Dopo Volkswagen, ora toccava a Renault, con la polizia francese a rovistare nei cassetti di alcune sedi della Regie e a ispezionarne gli impianti. Così, titoli triturati come carta straccia: -20% fino al primo pomeriggio, prima cioè dell'intervento del ministro dell'ambiente francese, Segolène Royal, con quel tranchant «la frode non esiste» che ha permesso di limitare (si fa per dire) i danni a fine corsa al 10% circa. Nel frattempo, anche Fca era finita al tappeto (-8% in chiusura) dopo la notizia di una causa da parte di una catena di concessionarie statunitense e sulle voci secondo cui le vendite in Russia avrebbero subito un drastico calo. Risultato: un crollo dell'indice europeo automobilistico del 3,7% e listini di nuovo traballanti (-1,67% Milano e Francoforte, -1,8% Parigi), parzialmente salvati dal recupero di New York (+1,52% a un'ora dalla chiusura) dopo il mercoledì nero.Bene. Anzi, male. Quanto accaduto ieri è, infatti, la plastica rappresentazione di quanto i mercati siano in questo momento ipersensibili. Non solo alle cattive notizie, ma anche a quelle news borderline che già domani potrebbero venire ridimensionate se non rivelarsi addirittura una bufala colossale. Il sincronismo con cui sono circolate ieri due potenziali bombe per un'industria dell'auto già nel mirino per la «disinvolta» gestione delle emissioni da parte di Volkswagen potrebbe apparire a qualcuno perfino sospetto. Ma ciò che conta è la reazione dei mercati, quell'amplificare ogni fatto disturbante che rivela l'altissima tensione di questo inizio d'anno in cui Piazza Affari ha già sacrificato un migliaio di punti. Un andamento depresso che ha «sporcato» di rosso il bilancio dell'ultimo semestre (-15% circa). La voglia di rialzo è in cortocircuito, spenta dalla frenata cinese destinata a impattare anche sugli utili delle multinazionali occidentali che col Dragone fanno affari, e da un petrolio pericolosamente in bilico ancora ieri attorno ai 30 dollari il barile e che alcune previsioni spingono giù giù, fino ai 10 dollari, quota mai più toccata dal mesozoico 1998. Mentre le società del settore energetico sono paralizzate (rimandati progetti di investimento per quasi 400 miliardi di dollari a livello globale), le Borse vivono in trincea. Terrorizzate da chi, come appunto Rbs, parla «di un anno catastrofico, come il 2008». E ai mercati non puoi evocare lo spettro di Lehman Brothers: è come parlare di corda in casa dell'impiccato.Così, molti continuano a sperare nell'intervento salvifico delle banche centrali. Non è escluso che arrivi presto. Dopo aver alzato i tassi in dicembre, la Federal Reserve ha già pronto l'alibi prêt-à-porter per far retromarcia: il declino delle aspettative di inflazione. James Bullard, presidente della Fed di St. Louis, ha spiegato ieri che ciò potrebbe comportare un passo più lento nel rialzo del costo del denaro, ma non è escluso che se le cose dovessero peggiorare la banca centrale Usa tagli i tassi e avvii un nuovo ciclo di acquisto di titoli.

E a causa dei rischi di deflazione, la Bce potrebbe estendere il quantitive easing oltre il marzo 2017 e aumentare il volume degli acquisti mensili (60 miliardi, ora), come peraltro messo nero su bianco nei verbali della riunione dello scorso 3 dicembre.

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