«Forse qualcuno penserà che abbiamo parlato poco di banche, dei problemi che ci sono», ma di quei fatti è stato dato conto «in più occasioni, da ultimo con la testimonianza che ho reso in Senato lo scorso 19 aprile, dove vengono a fondo trattati i recenti casi di crisi di banche italiane».
Excusatio non petita, accusatio manifesta: mettendo le mani avanti sul tema crisi bancarie, il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, ha voluto allontanare da sé eventuali e ulteriori critiche al suo operato. La strategia dell'arrocco, proprio nell'audizione di circa un mese e mezzo fa, aveva il suo fulcro. Non è compito facile, infatti, passare alla storia come il primo governatore che nell'arco del proprio mandato ha dovuto sperimentare norme che hanno penalizzato i risparmiatori mandando in fumo 330 milioni di obbligazioni subordinate. Ciampi, Fazio e Draghi, i suoi predecessori, erano riusciti sempre a risolvere le grane in casa.
E così ieri Visco ha ricordato per sommi capi i punti fondanti della tesi difensiva di Palazzo Koch. In primo luogo, agli effetti della recessione si sono aggiunti i «comportamenti imprudenti e a volte fraudolenti da parte di amministratori e dirigenti». La Vigilanza di Bankitalia «svolge un difficile lavoro di indagine, ma non dispone degli strumenti riservati all'Autorità giudiziaria come sequestri perquisizioni».
In secondo luogo, «quando rileviamo ipotesi di reato informiamo subito le competenti Procure»: l'opinione pubblica non ne viene in generale a conoscenza sia in virtù del segreto d'ufficio sia per non creare «effetti destabilizzanti». Ultimo ma non meno importante, «prima dei recenti cambiamenti normativi, le crisi bancarie sono state risolte in Italia senza oneri per i depositanti e gli obbligazionisti». Insomma, la colpa non è di Bankitalia se il nostro Paese non è riuscito a farsi valere in sede europea e, soprattutto, non è riuscito a ottenere non solo luce verde all'intervento pubblico nei salvataggi bancari, ma nemmeno la creazione di un Fondo che mitigasse il problema delle sofferenze bancarie, attualmente poco sotto i 200 miliardi di euro. «L'esperienza internazionale mostra che, a fronte di un fallimento del mercato, un intervento pubblico tempestivo può evitare una distruzione di ricchezza, senza necessariamente generare perdite per lo Stato, anzi spesso producendo guadagni», ha concluso. La normativa europea sul bail in andrebbe, perciò, rivisitata perché il nostro Paese paga anche la scelta di non sostenere il sistema bancario fintantoché gli Stati potevano farlo, cioè fino ad agosto 2013.
Il messaggio che Visco voleva far passare è sostanzialmente questo. E non è necessariamente detto che sia autoassolutorio. Il governatore ha, inoltre, auspicato un'attuazione «celere» delle riforme delle Popolari e delle Bcc. Infine, «per molte banche italiane resta forte l'esigenza di intervenire anche sui costi, inclusi quelli per il personale».
Secondo il governatore, «il modello di attività, basato su una diffusa presenza territoriale, va ancora adeguato, proseguendo nella riduzione degli sportelli». Le Considerazioni finali hanno provocato l'immediata reazione deli sindacati. «Al primo licenziamento faremo le barricate», ha replicato il segretario Fabi, Lando Maria Sileoni.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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