È boom di lavoratori irregolari. A rivelarlo è l'Istat nel consueto rapporto sull'economia sommersa, certificando il fallimento delle politiche occupazionali adottate negli ultimi anni, a partire dal Jobs Act. Il ricorso al lavoro non regolare da parte di imprese e famiglie continua a rappresentare una caratteristica strutturale del mercato italiano.
Nel 2015, infatti, sono state 3,724 milioni le unità di lavoro («Ula») in condizione di non regolarità, occupate in prevalenza come dipendenti (2,651 milioni). Il tasso di irregolarità, utilizzato quale indicatore di diffusione del fenomeno e calcolato come incidenza delle unità di lavoro non regolari sul totale, è salito al 15,9 per cento. La componente irregolare del lavoro ha segnato nel 2015 un nuovo aumento (+1,6%) dopo quello dell'anno precedente. Il pesante cuneo fiscale, unito alla maggiore rigidità introdotta per i contratti atipici (culminata con lo stop ai voucher) ha così determinato un incremento del ricorso al «nero».
Il record del sommerso spetta al comparto dei servizi alla persona (che include anche colf e badanti) ove il 47,6% degli addetti due anni fa risultava in nero. Si tratta di cifre che fanno riflettere in un contesto nel quale l'economia sommersa appare in lieve calo a 208 miliardi dai 213 del 2014.
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