L'azienda mette alla porta i lavoratori italiani per tenersi soltanto quelli stranieri. E stavolta s'indignano persino i sindacati.
Il mito del buonismo muore nella sua culla, la Puglia della narrazione vendoliana. A soffocarlo, dietro le quinte dei palcoscenici nazionali sui quali si continua a recitare il copione dell'internazionalismo marca Boldrini, sono - per uno scherzo del destino - alcuni tra i principali interpreti delle commedie del «volemose bene» all'italiana: Cgil, Cisl e Uil.
Il fatto: a Grottaglie, in provincia di Taranto, a inizio d'anno l'Alenia ha rinnovato i contratti interinali. Nel fare le sue scelte, però, la maggiore realtà industriale italica in campo aeronautico, controllata da Finmeccanica, pare aver considerato più d'ogni altra cosa il passaporto dei propri dipendenti: stop ai 38 italiani, via libera alle maestranze di altra nazionalità, in particolare rumena, con una decisione in apparente contrasto col codice etico aziendale, secondo cui nella selezione delle risorse umane, per favorire «il superamento di ogni sorta di discriminazione», contano solo requisiti come «l'onestà, la lealtà, la capacità, la professionalità e la serietà».
Immediata la reazione dei sindacati. I quali già a maggio, al momento dell'assunzione del battaglione rumeno oggi riconfermato nell'impiego, avevano protestato ma in sordina, quasi temendo che difendere gli italiani fosse qualcosa di cui vergognarsi. E con loro i vertici del governo regionale pugliese. «Perché non far conto sui 400 under 30 pugliesi che grazie al bando lanciato da Finmeccanica sono stati ritenuti idonei a svolgere mansioni super qualificate?», chiedeva all'epoca l'assessore regionale al lavoro, Leo Caroli. «Se c'è necessità di personale specializzato», ragionava sui giornali con lettere aperte la sua collega Alba Sasso, titolare della delega alla formazione, «perché non aumentare il numero dei corsi professionali, per offrire ai giovani pugliesi le migliori opportunità di alta formazione?». E la Fiom, alla cigiellina del settore metalmeccanico: «Si stabilizzino gli italiani già in servizio».
Nel regno dei buoni per forza, appelli e dibattiti per una volta non sono bastati. Così, alla fine, la Triplice è stata costretta a gettare la maschera. Scoccato il 2015, i primi a partire all'attacco in nome della Patria sono stati i metalmeccanici di Cisl e Uil, che presa carta e penna hanno espresso «disappunto per la decisione di Alenia di non confermare i contratti di lavoro interinali ai 38 dipendenti italiani che lavoravano da due anni nello stabilimento di Grottaglie e di reintegrare, al contrario, tutti gli interinali stranieri». E guai a parlare di razzismo, come accade quando certi argomenti vengono utilizzati fuori dai recinti sindacali: «Non vogliamo mostrarci intolleranti, ma devono darci spiegazioni, evitando di eludere il sacrosanto principio delle pari opportunità e della dignità di tutti i lavoratori». E ancora, a rincarare la dose: «Un'azienda così importante e seria non può comportarsi nella sua gestione in modo così discutibile e contraddittorio. Per questo invitiamo Alenia a rivedere la sua posizione, da noi non condivisa».
Pure perché, è la chiosa finale, la disoccupazione morde e fa sentire il suo peso soprattutto sui bistrattati indigeni del Belpaese, e non si può «non tenere in considerazione la grave e drammatica situazione occupazionale in cui versa il territorio ionico pugliese».L'Italia e gli italiani esistono. Se ne sono accorti anche i sindacati.
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