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Il leader sbeffeggiato e l'alleanza divisa

Il leader sbeffeggiato e l'alleanza divisa

L' importanza della battuta ironica su Donald Trump alle prese con i giornalisti («le mascelle del suo staff sono cadute sul pavimento») che il leader canadese Justin Trudeau uno che Trump non può soffrire ha scambiato con i colleghi inglese, francese e olandese al vertice del settantesimo compleanno dell'Alleanza Atlantica a Londra è stata forse esagerata dai media. Ma l'immagine dei quattro leader che se la ridono del presidente americano approfittando della sua assenza rende plasticamente lo stato attuale della Nato: non è facile gestire di comune accordo un'alleanza il cui numero uno è tutto fuorché un suo sincero sostenitore e tende a trattare i colleghi dall'alto in basso (e a seminare zizzania).

Trump se l'è presa a male, e conoscendolo, di sicuro se l'è legata al dito. Ha dato pubblicamente del «bifronte» a Trudeau, gli ha stizzosamente ricordato che è in debito con i contributi all'Alleanza e ha cancellato la sua conferenza stampa finale. Il presidente americano, naturalmente, non è il solo problema della Nato di oggi. L'alleanza è sorta ai tempi di Stalin per contrapporsi all'Unione Sovietica e il mondo è cambiato, le minacce si sono diversificate e i numerosi alleati (erano 12 nel 1949, oggi sono 29) hanno idee diverse su come affrontarle. Talmente diverse che alla vigilia del vertice il presidente francese Emmanuel Macron il vero sfidante di Trump in questo incontro tra nervosi alleati - è arrivato a bollare di «morte cerebrale» la visione strategica atlantica e a ribadire l'importanza di un pilastro difensivo europeo all'interno della Nato. Per Macron la Russia non dev'essere più considerata un nemico, perché il vero nemico dell'Occidente è il terrorismo islamico, che la Francia combatte nel Sahel «nell'interesse di tutti». E dopo quanto accaduto in Siria, è fortissimo ed esplicito il disaccordo di Parigi con la Turchia su cosa debba essere considerato terrorismo.

L'«alleato turco» è un altro punto dolente. Il sultano Recep Tayyip Erdogan gioca in proprio, acquista sistemi di difesa dal suo amico russo Vladimir Putin, minaccia di bloccare col proprio veto gli impegni concreti della Nato a sostegno della Polonia e delle Repubbliche baltiche, provoca l'eterno rivale greco imbastendo con il governo libico di Tripoli un'intesa per la ricerca di idrocarburi nel Mediterraneo che sembra riguardare tratti di mare di interesse di Atene. Un soggetto sempre più difficile da gestire. Tirando le somme, comunque, il segretario generale Jens Stoltenberg ha sottolineato i punti positivi. La Nato è militarmente più forte che mai, i suoi membri pur divisi convengono sulla necessità di resistere uniti alle provocazioni russe, di ottimizzare gli strumenti per la cyberguerra, di fronteggiare insieme il terrorismo.

Da ultimo, ha pronunciato la parola magica, il nome del nemico del futuro, il possibile collante per la Nato del XXI secolo: la Cina.

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