Coronavirus

L'ecatombe in Brasile condanna Bolsonaro

La variante amazzonica è un incubo. E fornisce munizioni al redivivo Lula

L'ecatombe in Brasile condanna Bolsonaro

San Paolo. Il Brasile vive da inizio marzo la fase più drammatica della pandemia di Covid19, da quando cioè la variante amazzonica che a gennaio aveva messo in ginocchio Manaus si è diffusa nel resto del Paese. Una vera e propria ecatombe se si pensa che ormai un quarto di tutti i morti al mondo per Coronavirus è registrato qui. Decessi che supereranno la prossima settimana quota 300mila, solo gli Stati Uniti hanno fatto peggio. A preoccupare di più è il picco di questa seconda ondata che non accenna ad arrivare al plateau. La media mobile settimanale dei morti ieri è infatti aumentata per il 22° giorno consecutivo, superando quota 2.200. Per questo, dopo lo stato di San Paolo che aveva già chiuso quasi tutto a metà marzo, ieri anche il sindaco di Rio, Eduardo Paes, ha imposto misure draconiane. Dopo avere già cancellato il Carnevale 2021 a causa del Covid19, Paes ha chiuso tutte le spiagge, comprese quelle celeberrime di Copacabana e Ipanema. Decisione scontata vista la mancanza di posti letto in terapia intensiva e l'esaurimento negli ospedali pubblici dei farmaci anestetici necessari per intubare i casi più gravi, che sono centinaia ogni giorno. La situazione è così grave che 78 comuni brasiliani hanno già avvisato che stanno per finire l'ossigeno, proprio come accadde a gennaio a Manaus.

Agli ospedali al collasso un po' ovunque con persone che muoiono in fila in attesa di letti di terapia intensiva che non ci sono, si aggiunge poi la crisi politica e giudiziaria del governo del presidente Jair Bolsonaro. Giovedì notte è morto il 58enne Major Olimpio, il terzo senatore su 81 a perdere la vita per il Covid19 in Brasile, anche questo un triste record. Ex poliziotto militare, Olimpio aveva appoggiato Bolsonaro alle presidenziali del 2018 ma aveva rotto con lui per la sua «gestione pandemica». Nella sua diretta quotidiana su Facebook di giovedì sera, il presidente non lo ha neanche ricordato, scatenando l'indignazione di molti in Brasile, dove Major Olimpio era stato il senatore più votato alle ultime elezioni, raccogliendo oltre 9 milioni di voti.

A ciò si aggiunga un numero crescente di parlamentari del «Centrao» - il centro da sempre decisivo per governare qui - che cominciano a nutrire seri dubbi sulla «tenuta» di Bolsonaro. Decisivo in tal senso l'operato dell'ex presidente Lula che, cancellate per grazia ricevuta le condanne contro di lui, si sta muovendo molto per raggiungere il numero dei due terzi di parlamentari necessari affinché un processo di impeachment possa andare sino alla fine. Bolsonaro ha già oltre 60 richieste di impeachment contro di lui in Parlamento quasi tutte per la «gestione pandemica» e ha tutti e quattro i figli indagati, inoltre viene sempre più spesso definito «genocida» dallo stesso Lula, imitato con un ritmo crescente da parlamentari e media, buon ultimo il seguitissimo (dai giovani) youtuber Felipe Neto.

Insomma, proprio al picco della pandemia, ogni giorno crescono i timori del presidente in carica di «far la fine di Dilma». Anche perché Bolsonaro sta perdendo pezzi decisivi pure sul fronte economico. Dopo la cacciata un mese fa del presidente di Petrobras, Castello Branco, accusato dal presidente di lavorare solo da remoto (in realtà i dissidi erano sul prezzo del carburante che lui, come Dilma a suo tempo, vuole sia controllato), giovedì scorso ha rassegnato le dimissioni anche il presidente del Banco do Brasil, André Brandao. Infine, ha fatto molto scalpore un'intervista di Lula alla Cnn in cui l'ex presidente-galeotto ha chiesto a Biden di fornire al Brasile i vaccini necessari per l'immunità di gregge.

Se dovesse riuscirci Lula tornerà in trionfo alla presidenza, mentre su un futuro roseo di Bolsonaro oggi qui sono pochi a scommettere.

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