Coronavirus

L'ecatombe dei 105 medici "Ora basta con le promesse"

L'accusa dei camici bianchi: "Ci hanno mandato alla guerra disarmati: non ci fidiamo più degli annunci"

L'ecatombe dei 105 medici "Ora basta con le promesse"

Inarrestabile la scia dei morti tra i camici bianchi. Ieri sera il numero è salito a 105, gran parte sono medici di famiglia ancora oggi in prima linea a lottare contro il Covid con i fucili di cartone. E, a dispetto delle statistiche, la centesima vittima è una donna. Si chiamava Samar Sinjab, 62 anni era un medico di base di Mira, vicino Venezia.

Samar se n'è andata la notte scorsa vittima del coronavirus e forse infettata da pazienti che ancora mesi fa si sono presentati al suo ambulatorio con strani sintomi, ancora sconosciuti. «Mia mamma ha lavorato fino al giorno prima di doversi ricoverare ha detto suo figlio Rafi e anche dalla terapia intensiva si interessava ai suoi pazienti contando di tornare presto al lavoro, ma poi le condizioni si sono aggravate». «Medico fino alla fine - aggiunge il presidente della Fnomceo di Venezia, Giovanni Leoni che aggiunge amareggiato - I medici di famiglia sono stati i più soli in questa lotta contro il virus - ma non dovrebbero servire i morti per interessarsi a questo problema - è un messaggio troppo pesante da sopportare».

Ma se il contagio era inevitabile tra le quattro mura degli ambulatori quando si visitava senza mascherina soprattutto due mesi fa quando non si capiva la diffusione del contagio, c'è una spiegazione anche per i decessi di questi medici di base? «Io penso che sia dovuto alla carica infettante a cui sono stati sottoposti ripetutamente da pazienti asintomatici o pausintomatici spiega Leoni - I medici del territorio hanno affrontato questo enorme problema da soli. In ospedale la cosa è diversa, sei più seguito, più protetto».

Dunque sono i medici di famiglia i primi veri martiri di questa ondata epidemica. Che ancora oggi vivono di beneficienza. Paola Pedrini, lavora sul territorio di Bergamo e ammette che lei le mascherine se l'era comprate di tasca sua. «Da regione e ats è arrivato proprio poco, qualche mascherina chirurgica. La Protezione civile ci ha dato mascherine non omologate e non le abbiamo potute usare. Ora dicono che dovrebbero arrivare quelle giuste A noi però noi servono i kit completi, le maschere, le tute. Quelle che abbiamo ce le hanno regalate i privati, le case farmaceutiche. É una cosa vergognosa e sconfortante».

Pedrini, che gira le vallate attorno alla città ammette che da qualche giorno la tensione si è allentata. Non riceve più cento telefonate in 12 ore di lavoro. Ma lancia un grido di allarme: «Per fermare l'epidemia non basta aumentare i posti letto, bisogna lavorare sul territorio, con la prevenzione. Ogni paziente che sta a casa infetta tre familiari. E non muoiono solo i vecchi, oggi è morto un ragazzo di 36 anni. Senza alcuna patologia. A Bergamo i positivi sono dieci volte più di quello dicono le stime ufficiali. E noi dobbiamo curare tutti senza protezione».

Da Napoli il segretario nazionale della Fimmg Silvestro Scotti lancia un segnale di aiuto alla categoria. «Abbiamo raccolto un milione di euro di fondi, e la metà sono stati già impegnati per gli acquisti urgenti. In Lombardia abbiamo spedito mascherine FFp2 occhiali e disinfettanti. Poi ci occuperemo delle altre regioni in ordine di emergenza. Li spediamo ai nostri medici di famiglia, non ci fidiamo più degli annunci, sono stati lasciati per troppo tempo soli e in prima linea».

Anche il presidente della Fnomceo, Filippo Anelli si unisce al coro della denuncia: «Cento colleghi morti. É una ferita sulla pelle di tutti i medici. Mai avremmo pensato di arrivare a tanto. Questi numeri devono far riflettere chi doveva tutelarci». Ancora: «I medici di famiglia hanno pagato il tributo più pesante perché sono stati lasciati soli a combattere a mani nude contro il virus.

E se i medici si sono ammalati, è accaduto perché sono stati contagiati visitando i loro pazienti».

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