Politica estera

La Lega araba riapre alla Siria. Vince Assad (e pure Mosca)

Dopo mezzo milione di morti, dodici anni di guerra e oltre dieci milioni di profughi e sfollati la Lega araba volta pagina e riammette la Siria nel salotto buono del Medio Oriente

La Lega araba riapre alla Siria. Vince Assad (e pure Mosca)

Dopo mezzo milione di morti, dodici anni di guerra e oltre dieci milioni di profughi e sfollati la Lega araba volta pagina e riammette la Siria nel salotto buono del Medio Oriente. Per il presidente Bashar al Assad, che rimarrà con le mani sporche di sangue del suo popolo, è un grande successo diplomatico. La svolta è stata dettata dalla realpolitik di fronte a un regime che ha di fatto vinto la guerra seppure su un cumulo di macerie. Le pericolose velleità di alcuni paesi dell'area come l'Arabia Saudita, il Qatar e la Turchia di aizzare e finanziare i gruppi armati della guerra santa contro Damasco si sono schiantate contro un conflitto lungo e sanguinoso che ha visto soccombere i «ribelli». E non dimentichiamo che all'inizio erano appoggiati anche dagli Stati Uniti e a traino dall'Europa. Poi la primavera araba si è trasformata in inverno jihadista con la nascita di minacce impensabili come lo Stato islamico, cha dalla Siria si era espanso in Iraq facendo proseliti in mezzo mondo. L'intervento russo e iraniano hanno ribaltato le sorti del conflitto a suon di bombe. Il ritorno di Damasco nel salotto buono della Lega araba è una vittoria di Mosca, che grazie alla Cina ha incassato pure il riavvicinamento fra sauditi e iraniani. Gli sconfitti sono gli Stati Uniti, che avevano puntato sull'isolamento e la demonizzazione di Assad.

Non è un caso che il via libera sia arrivato dopo la riapertura delle relazioni diplomatiche con i sauditi in marzo e altri paesi arabi anche prima. All'appello mancano Kuwait e Qatar che hanno appoggiato i gruppi armati più oltranzisti, ma durerà poco. Anche l'arcinemica Turchia riprenderà le relazioni, almeno per scrollarsi di dosso tre milioni di profughi siriani. L'Italia ha aperto a metà l'ambasciata con un incaricato d'affari che va e viene da Beirut. Anche noi abbiamo interesse a tamponare le partenze dei profughi via rotta del mare o balcanica, ma ad Assad è stata tolta, ai tempi del governo Monti, la più alta onorificenza italiana «per indegnità».

Il Paese, però, non è ancora pacificato: diviso in sfere di influenza controllate dagli eserciti siriano, russo, turco, statunitense e da milizie rivali compreso l'Isis che sta rialzando la testa. Per non parlare dalla disastrosa crisi economica.

Il 19 maggio quando Assad potrebbe presentarsi al prossimo summit della Lega araba la scena lascerà l'amaro in bocca, ma se le bandiere nere del Califfato fossero sventolate a Damasco saremmo finiti dalla padella alla brace.

Commenti