L'abolizione dei vitalizi? Archiviata. La legge sugli orfani dei femminicidi? Dimenticata. La riforma elettorale? Infilata in un freezer. Lo ius soli? Rimandato a tempi migliori. Nell'agenda del governo e della maggioranza resta in piedi, forse, chissà, soltanto la Finanziaria, un «adempimento necessario» per tenere i conti pubblici in ordine ed evitare l'esercizio provvisorio di bilancio. Ma non sarà una passeggiata di salute, i bersaniani di Mdp hanno già annunciato battaglia.
La legislatura è vicina ai titoli di coda e sembra aver esaurito la sua spinta propulsiva. Ad oggi ci sono 94 provvedimenti in bilico, cioè approvati da una sola Camera: 63 al Senato e 31 a Montecitorio. Il Pd rischia così di chiudere il quinquennio senza aver portato a casa nessuna legge simbolo, a parte le unioni civili. Prendiamo la nuova cittadinanza. Paolo Gentiloni ha assicurato l'impegno del governo. «È un lavoro da fare, se ne parlerà in autunno», dice il premier. In realtà al Nazareno si sono quasi rassegnati a rinviare a data da destinarsi. Lo ius soli in questo momento è un tema troppo urticante. Secondo un sondaggio la sua approvazione costerebbe al Pd il 2%, meglio allora farne un argomento di campagna elettorale per attrarre voti di sinistra.
Nel pantano pure la riforma elettorale. Andrea Orlando, leader della minoranza interna, teme che «in una parte del gruppo dirigente ci sia la tentazione di parcheggiare la legge in un binario morto». Così però, spiega il Guardasigilli, «condanneremmo l'Italia a restare mesi senza governo sotto l'attacco della speculazione». E in Alto Adige le opposizioni chiedono che almeno nella provincia venga reintrodotto un sistema proporzionale con un unico collegio e la clausola di garanzia per la comunità italiana. «Renzi sta trattando per assicurarsi 18 deputati a tavolino. Con la scusa della tutela delle minoranze linguistiche, Pd e Svp - dice Alessandro Urzi, movimento Aldo Adige nel cuore - con il 40% dei voti si vogliono portare a casa l'80% dei seggi».
Problemi grossi pure per la manovra. Un po' per marcare la differenza dal Pd, un po' per convincere Pisapia che con Renzi non si può trattare, bersaniani e dalemiani hanno lanciato una grande offensiva sulla legge di bilancio. Una campagna d'ottobre con l'obbiettivo di mettere Gentiloni alle strette. «Niente voto alla Finanziaria se non ci danno ascolto», annuncia Pier Luigi Bersani sul Corriere, proprio mentre Roberto Speranza attacca Jean-Claude Juncker, reo di aver elogiato il governo per i suoi sforzi sull'immigrazione.
L'obbiettivo dei transfughi è chiaro, costringere il premier a scegliere tra tre opzioni, tutte parecchio scomode: cedere alla richieste di correzioni di Mdp, chiedere un aiutino a Forza Italia o andare sotto al Senato e consegnare quindi il Paese a una difficile crisi.
Ma nonostante tutto, Gentiloni è ottimista: «Grazie al lavoro del governo Renzi e di questo governo ci siamo guadagnati dei livelli di crescita molto diversi di quelli del Def e, a livello Ue, delle cifre di deficit differenti. Grazie ai sacrifici degli italiani e alla crescita avremo dei margini molto diversi di quelli ipotizzati mesi fa».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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