La maggioranza si divide sulla legittima difesa, anche se il vicepremier Matteo Salvini è sereno e convinto che oggi passerà all'incasso. Il provvedimento simbolo della Lega è arrivato ieri alla Camera, dopo l'ok al Senato dello scorso ottobre, per l'approvazione. Sono i 5 stelle, alleati al governo col leader leghista, a frenare, nonostante appaia chiaro che l'accordo con il premier Conte e con l'altro vicepremier, Luigi Di Maio, starà in piedi. È spuntato, infatti, un dossier del M5s che passa in rassegna le criticità contenute nel documento con l'obiettivo di smontarlo. A firmarlo la deputata grillina Rina De Lorenzo, la quale precisa che si tratta di una legge a «rischio incostituzionalità». Nello specifico, se la prende con l'articolo 1 del provvedimento (approvato ieri con 372 sì), che modifica il comma 2 dell'articolo 52 del codice penale. Dubbi anche su altri punti del provvedimento tra cui il nuovo quarto comma dell'articolo 52 del codice penale, che «introdurrebbe una presunzione di legittima difesa». Il ministro dell'Interno non ha dubbi sul fatto che tutto andrà bene. Del resto, la votazione è andata avanti anche con l'approvazione degli articoli 2, 3, 4, 5 e 6, mancano solo tre articoli e il voto finale) sempre a larga maggioranza: «Chiudiamo domani (oggi per chi legge ndr)», ha detto Salvini ai cronisti uscendo dalla Camera. Ma sarà necessario un ulteriore passaggio al Senato: era stato infatti commesso un errore sulle coperture finanziarie, errore «sanato» da un emendamento in commissione a Montecitorio. Quindi dopo il sì alla Camera dovrà andare a Palazzo Madama.
Intanto, sono stati una trentina i pentastellati che hanno disertato la prima votazione e poco meno la seconda. «Voi votate il provvedimento per legittima difesa, perché se no ve ne andate tutti a casa»: ha attaccato il deputato di Fi, Felice Maurizio D'Ettore. Il soccorso azzurro alla Lega è arrivato proprio da Forza Italia e Fratelli d'Italia. «Quelle che approviamo oggi - ha spiegato il deputato di Fi Roberto Cassinelli - non sono assolutamente norme dettate da momenti di emotività, ma servono per evitare un ulteriore calvario a chi ha subito una violenza».
Giorgia Meloni, Fdi, invece, è più dura: «Avremmo voluto una legge sulla legittima difesa più chiara e più netta, ma anche qui, evidentemente, la mediazione col M5s non l'ha consentito». Fratelli d'Italia voterà, ma temono che «sia ancora eccessiva la discrezionalità del giudice».
Intanto, è stato bocciato l'emendamento del Pd (erano circa 80 quelli presentati), che puntava a modificare il provvedimento e che sarebbe stato votato da una quindicina di deputati della maggioranza, a scrutinio segreto.
A sorpresa però arrivano anche le dichiarazioni di alcune associazioni di categoria, dai gioiellieri a tabaccai e benzinai. «Noi siamo contrari ad adoperare le armi, non è sicuro né per noi né per i clienti», dice Giovanni Risso, presidente Fit-Confcommercio, la federazione dei tabaccai, tra le più colpite da rapine e furti. Sulla stessa linea i gioiellieri. «Siamo contrari, in linea di massima, ad armarci», spiega Steven Tranquilli, direttore di Federpreziosi-Confcommercio, pur ammettendo la necessità di una modifica della legge. Insomma, no a diventare «giustizieri».
A rassicurare la presidente dell'Osservatorio nazionale sostegno vittime, avvocato Elisabetta Aldrovandi: «Questa riforma non rappresenta assolutamente un richiamo ad armarsi, perché semplicemente riconosce il diritto di difendersi nella propria abitazione o azienda dalle intrusioni altrui».
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