L'Eni al contrattacco contro l'ex legale Amara: "Bugie per screditarci, ora paghi 30 milioni"

I due filoni costati alla società 100 milioni. Ma nessuna prova di tangenti

L'Eni al contrattacco contro l'ex legale Amara: "Bugie  per screditarci, ora paghi 30 milioni"

L'Eni contro la presunta gola profonda. Il colosso guidato dall'ad Piero Descalzi presenta il conto e chiede 30 milioni di euro per danni reputazionali all'avvocato Piero Amara, un tempo utilizzato dall'azienda nelle sue controversie e poi diventato grande accusatore di Descalzi & company. Ora parte la controffensiva: i racconti del legale sarebbero una sorta di fiction, in un intreccio di menzogne, tangenti e trame spionistiche.

«Nel corso del 2015 - si legge nell'atto depositato al tribunale di Terni - l'avvocato Amara ha elaborato prima una serie di esposti anonimi alla Procura di Trani e poi una denuncia alla procura di Siracusa», dove aveva una amica, «nei quali veniva denunciato un preteso complotto asseritamente finalizzato a destabilizzare i vertici di Eni». Tutto falso, secondo gli avvocati Sara Biglieri e Luca De Benedetto, e di questo Amara dovrà rispondere in sede civile.

Da tempo Amara disegna e racconta le presunte manovre del ponte di comando dell'Eni fino a cercare di screditare la procura di Milano che contesta ai vertici dell'azienda petrolifera il pagamento di ingenti mazzette per i giacimenti africani. Il primo processo, per le stecche in Algeria, si è chiuso con un flop, ora pure il secondo, relativo ai presunti versamenti in Nigeria, perde colpi, per le autorevoli smentite alla tesi dell'accusa arrivate inaspettatamente in aula.

Non solo: la procura si è aggrappata alle rivelazioni di Amara per salvare il salvabile e ha chiesto che fosse sentito su ben 14 punti, in cui c'è di tutto e di più come in un romanzo d'appendice dai troppi colpi di scena: incontri riservati, esposti anonimi, telefonini criptati e tanto altro. «Amara - secondo la procura - seppe che l'Eni ha svolto un'attività di raccolta di informazioni nei confronti dei pubblici ministeri di Milano titolari delle indagini su Eni-Algeria e Opl 245 volta ad acquisire notizie utili a screditare anche attraverso pedinamenti ed intercettazioni ambientali in luoghi d'incontro».

Insomma, Amara continua a rilanciare e ad aggiornare il proprio verbo e neppure l'apertura del nuovo fronte, in sede civile, sembra aver frenato le sue minuziose ricostruzioni. Ma la risposta del tribunale alle sollecitazioni del pm Fabio De Pasquale è stata gelida: il 5 febbraio scorso il presidente del collegio Marco Tremolada legge un'ordinanza con cui boccia il nuovo interrogatorio di Agrama e l'acquisizione di nuove prove. Ritenute «non decisive».

Il processo è lanciato verso la conclusione e il tribunale pare stufo di dover fare il giro del mondo per raccogliere nuove suggestioni tutte da dimostrare.

Si attende il finale del secondo filone, il primo intanto è finito nel nulla. Ma i costi sostenuti dall'Eni, e in parte ricaduti sulle spalle del contribuente, sono astronomici e sfiorano i cento milioni. Fra perizie, parcelle e audit.

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