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Leone: "Italia mediatrice per la pace"

Il Papa: "Ruolo importante tra Mosca, Kiev e Washington". Le mosse dietro le quinte

Leone: "Italia mediatrice per la pace"
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Sono arrivati cristiani da tutto il Medioriente. Alcuni hanno speso tutti i risparmi per raggiungere il Libano e salutare Papa Leone alla messa conclusiva del suo viaggio a Beirut, seconda tappa del viaggio internazionale che ha toccato anche la Turchia. 150mila persone hanno affollato il "Beirut Waterfront", un'area che collega il centro città al porticciolo turistico, applaudendolo durante il giro sulla papamobile; una sorpresa che ha spiazzato gli organizzatori: 50mila persone in più rispetto alle stime. "La presenza del Papa ci dà grande forza soprattutto in questo periodo buio della nostra storia", racconta a Il Giornale, Ranà, una ragazza cristiana maronita che ha seguito la celebrazione. Sono decine le donne inginocchiate, in preghiera, durante la messa, altre non riescono a trattenere le lacrime. "Gesù è in mezzo a noi, aspettavamo questo momento da anni, Leone ci incoraggia a testimoniare sempre con più forza la nostra fede", ci dice suor Anna, religiosa che lavora in una scuola della capitale.

I temi portanti di questo viaggio papale sono quelli della pace e del dialogo. Sul volo che da Beirut lo ha riportato a Roma ha risposto alle domande dei giornalisti, principalmente incentrate sulle guerre in corso. Sull'Ucraina viene chiesto al Pontefice se può esserci una pace giusta senza l'Europa, negli ultimi mesi esclusa delle trattative americane. Leone risponde lanciando l'Italia come possibile mediatore: "Culturalmente e storicamente - spiega Prevost - l'Italia ha la capacità di essere intermediaria in mezzo a un conflitto che esiste fra diverse parti. Anche con l'Ucraina, la Russia, ovviamente, e gli Stati Uniti. In questo senso io potrei suggerire che la Santa Sede possa incoraggiare questo tipo di mediazione e cerchiamo insieme una soluzione che veramente potrebbe offrire pace, una giusta pace per l'Ucraina".

I media arabi presenti sul volo papale chiedono invece a Leone un commento sulla situazione in Libano e su ciò che il Vaticano potrebbe fare per favorire il dialogo: "Il nostro lavoro principalmente non è una cosa pubblica che dichiariamo per le strade, è un po' dietro le quinte! È una cosa che già abbiamo fatto e continueremo a fare per convincere le parti a lasciare le armi, la violenza e venire insieme al tavolo del dialogo".

Nel corso della conferenza stampa viene segnalata al Papa anche la lettera di alcuni giorni fa in cui Hezbollah chiedeva una mediazione papale, affermando di fare affidamento sulle "posizioni del Pontefice nel respingere l'ingiustizia e l'aggressione a cui la nostra patria, il Libano, è sottoposta per mano di Israele". "Ho visto quel messaggio - risponde Leone - c'è da parte della Chiesa la proposta che lascino le armi e che cerchino il dialogo. Ma più di questo preferisco non commentare in questo momento".

Oltre alle guerre, il Papa ha parlato anche dei rapporti con i musulmani. Cosa dire a quei cattolici che credono che l'identità cristiana dell'Europa sia messa a rischio dall'Islam? Leone risponde, rivolgendosi anche agli Stati Uniti, parlando di pace e rispetto per le persone di religioni diverse. Ma precisa: "So che non è sempre stato così. So che in Europa sono presenti tante paure, ma il più delle volte sono generate da persone che sono contro l'immigrazione e che provano a tenere fuori le persone che possono venire da un altro Paese, che seguono un'altra religione, che hanno un'altra razza. Vorrei dire che abbiamo bisogno di lavorare insieme.

Io penso che quella del Libano, con cristiani e musulmani che vivono pacificamente, sia una lezione importante da ascoltare in Europa e in Nord America. Dovremmo forse avere un po' meno paura e guardare ai modi di promuovere un dialogo autentico".

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