Politica

Il grande errore di Zan (e di Letta)

Letta lo propone come vicepresidente della Camera come anti Fontana, ma la bandierina viene spazzata dalle correnti

Il grande errore di Zan (e di Letta)

Enrico Letta ha proposto Alessandro Zan come vicepresidente della Camera.

Essendo un deputato che rappresenta una battaglia, una bandierina, pensava fosse l’asta giusta da piantare per superare lo stallo tra correnti da cui il segretario non riesce ad uscire.

E invece proprio le correnti lo hanno affossato, perché tutti si appuntano il fiocchetto arcobaleno sulla giacca, finché quel fiocchetto non vuole diventare una poltrona. Esattamente come hanno fatto con le donne, buone per riempire la conferenza delle schwa e accusare gli avversari di misoginia, utili per spartire il cancelli per quote, ma non occupare i posti che contano per meriti propri indipendentemente dal genere.

E però per la stessa ragione per cui era sbagliato prendere il sindaco di Marzabotto e farlo presidente del partito e portarlo in delegazione al Quirinale per le foto opportunity ma poi la lasciamo fuori dal parlamento, così era sbagliata l’idea di Letta di proporre Zan solo come l’anti Fontana.

Non solo perché risponde alla stessa logica conflittuale che dice di voler combattere, al rosso/nero dello “scegli” che non molta fortuna ha portato al Pd in campagna elettorale. E se consideri Fontana un estremista, una scelta divisiva per chi deve ricoprire una massima carica dello stato a rappresentanza di tutti gli italiani, non puoi rispondergli con un nome altrettanto divisivo ed estremista.

E non servirà neppure tornare su quanto fosse sbagliata la legge Zan, repressiva e criminogena, che non voleva introdurre un nuovo diritto, ma una nuova discriminazione, ponendo nei fatti le vittime omosessuali (e tutte le altre sigle) un gradino più in su di quelle etero.

E soprattutto pretendendo di rispondere a un problema sociale introducendo nuovi reati e trasformando in galera le opinioni e l'hate speech. Con la presunzione, di Zan e tutti quelli che abbracciarono quella bandiera, che se eri contrario eri omofobo.

Mentre si può persino essere gay, ed essere contrari alla legge Zan.

Ma oggi superato tutto questo, con un ddl affossato per colpa dello stesso pd, che non volle trattare, si torna a sventolare quella bandiera per pura propaganda. Esattamente come il pulmino elettrico di Letta che, finita la campagna elettorale, il segretario ha riconsegnato al noleggio riprendendo l’auto blu. Del resto anche la candidatura di Zan è stata fatta da Letta solo per farla affossare dalle correnti per poi piazzare il suo portaborse Marco Meloni. Con buona pace dell’autonomia costituzionale del gruppo parlamentare rispetto al partito, per giunta guidato ad interim da un segretario dimissionario.

Il punto l’ha ben centrato l’ex ministro della famiglia Elena Bonetti, di Italia viva: "Le opposizioni devono tutte essere rappresentate. Le cariche istituzionali non si scelgono in base a criteri ideologici. Spero che il Pd non faccia con Zan quello che fa con le donne, utilizzandole come bandierine o nomi da bruciare. Alle cittadine e ai cittadini non servono i simboli - ha detto Bonetti- la politica di contrapposizione del rosso contro il nero ha fallito in campagna elettorale, suggerirei a Letta di non riproporla”.

Che è proprio quello che l’alleato del terzo polo Calenda non capirà mai. Tanto da redarguire pubblicamente su twitter mettendola alla berlina la vice presidente di Azione Emma Fattorini che aveva scritto “Non c’è fine al peggio: sembra che il Pd abbia scelto Zan come vicepresidente di Fontana alla Camera. Nella logica binaria del chiodo scaccia chiodo. Come se i due estremismi si elisessero. Così per magia".

Ma Calenda, che ancora rincorre un’alleanza col Pd che invece lo ignora o insulta, si è subito dissociato dalla sua vice: “Fontana e Zan non possono essere messi in alcun modo sullo stesso piano. Si possono o meno condividere le idee di Zan, ma quelle di Fontana sono discriminatorie e inaccettabili. Emma Fattorini non rappresenta il pensiero di Azione.

Come se ci fossero idee che si possono accettare e altre che invece no. La guerra al pensiero. Da elencare in una lista, e appendere al muro.

Molto progressista, più che liberale.

Proprio Zan che ieri pubblicando dei messaggi minacciosi ricevuti ha dato la colpa alla maggioranza: “La destra ha eletto ai vertici delle istituzioni figure che hanno fatto dei discorsi d'odio il centro della loro azione politica: una scelta che rischia di legittimare gli odiatori nella società e nella quotidianità”.

Mentre quando le minacce con la stella a 5 punte li riceve il Presidente La Russa, sono "compagni che sbagliano".

Ha detto bene Cecchi Paonevedo l'ipotesi di Zan come una trasformazione della presidenza della Camera in una specie di guerra di posizione. Guerra che hanno cominciato loro, e hanno sbagliato. Ma dal punto di vista dell'opposizione in generale non dobbiamo fare lo stesso errore. Ovvero considero importante non fare lo stesso sbaglio che ha fatto la destra di militarizzare la Camera”.

Il guaio delle bandierine è che nel Pd qualunque colore abbia alla fine viene strappata dalle correnti interne, e anche se ha sistemato la compagna, Franceschini sono due settimane che sta senza una poltrona.

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