Coronavirus

I 10 errori del governo che l'Italia pagherà cari

La lettera di dieci docenti universitari contro la gestione dell'epidemia. Tracciamento, mezzi pubblici, dati opachi, vaccini anti influenzali e medicina del territorio: "È una Caporetto"

I 10 errori del governo che l'Italia pagherà cari

L'epidemia non è stata gestita dal governo che ha di fatto gettato alle ortiche i sacrifici compiuti dai cittadini nei mesi del lockdown. È il J' accuse lanciato da dieci accademici che addebitano all'esecutivo, guidato dal premier Giuseppe Conte, la responsabilità della ricaduta nella fase rossa, quella che vede la pandemia fuori controllo. Un ribaltamento dello storytelling che ogni giorno viene somministrato agli italiani dalla squadra di governo, tecnici ed esperti: tutto dipende dal comportamento dei cittadini, se sarete attenti e rispetterete le regole tutto andrà bene. Una litania che poteva funzionare nella prima fase quando non si poteva sapere a che cosa si andava incontro ma che ora sicuramente non convince né i cittadini né i firmatari della lettera appello rivolta all'esecutivo che elenca i dieci errori, le dieci falle nella strategia per il contenimento del coronavirus.

Il documento è sottoscritto da dieci professori universitari Nicola Casagli, Pierluigi Contucci, Andrea Crisanti, Paolo Gasparini, Francesco Manfredi, Giovanni Orsina, Luca Ricolfi, Stefano Ruffo, Giuseppe Valditara, Claudio Zucchelli. Alla luce della Costituzione, scrivono gli accademici, il coordinamento e la programmazione delle politiche di tutela della salute degli italiani sono di competenza di Conte e dei suoi ministri. Poi l'analisi dei dieci errori

1. TAMPONI DI MASSA

É dall'inizio della pandemia l'appello rilanciato dal microbiologo Andrea Crisanti: si devono fare almeno 400mila tamponi al giorno per tenere sotto controllo la diffusione del virus: soltanto con un'identificazione rapida dei positivi ed il loro isolamento si può rallentare la crescita della curva. Ma soltanto ieri per la prima volta si è arrivati a 200mila, la metà.

2. SCUOLE IN SICUREZZA

Carenza di spazi e docenti hanno reso impossibile il necessario distanziamento in classe. Confusione e direttive contraddittorie sulla misurazione della febbre e sulla gestione dei positivi. Il medico scolastico è rimasto nel libro dei sogni. Totalmente assente la prevenzione prima dell'ingresso a scuola ovvero l'affollamento di bus e metro.

3. DATI OPACHI

Molti enti di ricerca hanno sollecitato la creazione di un database accessibile con tutti i dati sull'epidemia, con la storia clinica dei pazienti messa a disposizione della comunità scientifica.

4. TRACCIAMENTO

L'app Immuni semplicemente non ingrana: la notifica del contatto con un positivo arriva anche dopo 9/10 giorni e per chi la riceve rappresenta la condanna a stare chiuso in casa in isolamento: il test non è tempestivo.

5. ASSEMBRAMENTI E SANZIONI

Soprattutto nel periodo estivo la debacle è stata completa: controlli inesistenti e chiusura delle discoteche dopo Ferragosto.

6. TERAPIE INTENSIVE

Dei 3.500 posti di terapia intensiva in più promessi ne sono stati attivati soltanto 1.300. Manca personale: infermieri e medici. E ad oggi già 5 regioni hanno superato la soglia di rischio del 30 per cento di letti di intensiva occupati: in Umbria sono il 42 per cento. Sopra il 30 anche Toscana e Piemonte. Lombardia al 29.

7. DISTANZA SU BUS E METRO

Per il distanziamento sui mezzi pubblici in sostanza si è rimasti a zero. Le soluzioni possibili erano tante, suggeriscono gli accademici: convenzioni con i taxy, assunzioni tra gli NCC disoccupati, riapertura al traffico dei centri storici per favorire la mobilità privata.

8. VACCINI ANTINFLUENZALI

Perché non si sono centralizzate le procedure d'acquisto? Si sarebbero così anche evitate differenze di costi tra regioni. Perché manca la disponibilità nelle farmacie? Le dosi non bastano neppure per le categorie a rischio.

9. MEDICINA DEL TERRITORIO

Come mai soltanto due giorni fa il ministro della Salute, Roberto Speranza, ha rinnovato la convenzione con i medici di famiglia per far eseguire anche a loro i test rapidi? Perché non sono stati forniti subito i dispositivi di protezione a questa categoria? Ritardi anche in questo caso.

10. COVID HOTEL

Anche le strutture ad hoc per ospitare i positivi che non hanno possibilità di isolarsi in casa propria stentano a partire. Soltanto ora stanno partendo i bandi per le convenzioni.

«Noi pensiamo che quello che non è stato fatto fra maggio e ottobre debba assolutamente essere fatto ora», concludono i dieci «saggi».

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