Sotto schock e più debole, ma unita nell'obiettivo di voler difendere i proprio interessi. All'indomani del traumatico addio del Regno Unito, l'Unione europea si lecca le ferite di un divorzio annunciato ma pur sempre traumatico, «grave e triste» come lo ha definito il capo negoziatore della Ue Michel Barnier, perché «indebolisce loro ma anche noi». Una «frattura profonda», secondo Angela Merkel. E adesso, nonostante la stanchezza e un senso di sconfitta, «è ora di iniziare a guardare avanti», spiega Barnier, che oggi presenterà la bozza del mandato per i nuovi negoziati. Dieci mesi in tutto, cioè il periodo di transizione fino a dicembre. Un tempo cruciale e ridottissimo, in cui servirà definire le nuove relazioni commerciali. Così corto perché fino al 1° marzo ci sarà solo una fase interlocutoria, con incontri ogni tre settimane, tra i negoziatori europei guidati da Barnier e la controparte: una task-force di 40 persone a Downing Street, capeggiata dal consigliere sull'Europa del premier Boris Johnson, David Frost, e sostenuta da un Comitato sull'uscita dalla Ue sotto la regia di Michael Gove, ora che il ministero per la Brexit è stato smantellato. A giugno il summit per verificare come procedono le trattative, entro la fine dello stesso mese è richiesto che si arrivi alla complicata intesa sulla pesca ed entro il primo luglio Londra dovrà decidere se chiedere una proroga. Tic, tac, il tempo scorre. «Non potremo fare tutto - ammette Barnier - ma Londra ha fissato il vincolo temporale e se ne assume la responsabilità».
Così scende in campo Emmanuel Macron, che ha definito la Brexit «uno schock, uno storico segnale di allarme per l'Europa». Il presidente francese ha scritto agli «amici britannici» una lettera sul Times, annunciando che sarà a Londra a giugno, per consegnare alla città la Legion d'onore nell'80esimo anniversario dell'Appello di De Gaulle, quando il generale incitò alla resistenza contro il nazismo. «I francesi sanno cosa devono ai britannici», spiega Macron riconoscente. Toni concilianti, l'augurio di una «partnership stretta e profonda» dopo la Brexit e la garanzia di non avere «alcun desiderio di vendetta». Ma anche un avvertimento, che segna la linea europea delle trattative: «La facilità di accesso al mercato europeo - spiega il leader francese - dipenderà dal grado di accettazione delle regole Ue. Non possiamo permettere che tra noi si sviluppi una competizione dannosa». È la condizione della Ue, ribadita dalla presidente Ursula von der Leyen: «Solo riconoscendo il mercato unico si possono raccogliere i frutti. Saremo uniti nel difendere i nostri interessi». Su questo si giocherà la partita: commercio senza ostacoli, ma solo se Londra seguirà le regole europee. Altrimenti saranno guai. A cui si sta già preparando la Germania, che in una nota si dice pronta a ricorrere «alle originarie leggi di emergenza studiate per la Brexit» se il tavolo salterà e si tornerà all'incubo no-deal nel gennaio 2021. Johnson ha già detto che vuole liberarsi dei lacci europei.
La Ue è pronta a sostenere la Spagna su Gibilterra, garantendo che la Rocca, britannica dal 1713 ma contesa con Madrid, venga esclusa dai futuri negoziati commerciali, a meno che non vi sia l'esplicito consenso spagnolo. Il braccio di ferro è ripartito.
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