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L'Europa "se ne frega" degli attacchi di Renzi: "Ma così zero risultati"

Il presidente della Commissione Juncker avverte Roma. Si tratta sulla flessibilità

Il primo ministro del Lussemburgo, Jean Claude Juncker
Il primo ministro del Lussemburgo, Jean Claude Juncker

Roma - «Se qualcuno lo vuole dire, lo faccia. Tutto sommato, non mi interessa». Oppure «me ne frego», come hanno giustamente tradotto ieri i media italiani, per dare l'idea di un Jean Claude Juncker particolarmente in forma nel respingere il pressing italiano. La frase del presidente della Commissione europea pronunciata ieri era riferita in generale a chi lo accusa di proseguire le politiche di austerity, che invece lui attribuisce solo alla precedente Commissione. Quindi principalmente contro l'Italia e il premier Matteo Renzi.

Ieri era la giornata dell'Eurogruppo, riunione dei ministri economici e finanziari dell'Ue. Il primo appuntamento europeo importante per la legge di Bilancio 2017. Pier Carlo Padoan e il commissario Pierre Moscovici in mattinata hanno cercato di raffreddare preventivamente il clima.

Ma più di ministri contano le continue prese di posizione del premier italiano, alle quali Juncker ha replicato nel corso di un incontro con i sindacati europei. «L'Italia continua ad attaccare la Commissione, sbagliando», anche perché «questo non produce i risultati che vogliono ottenere. Non si dovrebbe più dire che la Commissione continua nelle misure di austerità decise nel passato». E «se qualcuno lo vuole dire, può farlo. Ma tutto sommato, non mi interessa».

La tesi è sempre quella che l'Italia ha già ottenuto 19 miliardi di flessibilità. L'Italia ha chiesto lo 0,4% di Pil di spesa aggiuntiva per i migranti e il terremoto. Ma i costi extra per queste emergenze, secondo il presidente della Commissione, valgono solo lo 0,1% del Pil.

Il premier, mai nominato direttamente, ha replicato tenendo il punto. «Non facciamo polemiche» ma «sulla sicurezza degli studenti non guardiamo in faccia a nessuno. Noi rispettiamo le regole ma le regole devono andare incontro alla stabilità dei nostri figli. Si può discutere di politica, di austerity ma sull'edilizia scolastica non c'è alcuna possibilità di bloccare la posizione italiana: noi quei soldi li mettiamo fuori dal Patto, che piaccia o no a Bruxelles».

Dichiarazioni che hanno complicato il lavoro del ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan che ieri si apprestava a una bilaterale con il commissario agli affari economici Moscovici. Ma questa volta a riscaldare il clima è stata la Commissione. Il presidente Juncker e ancora di più Moscovici, hanno di fatto assunto una posizione di mediazione tra le posizioni dell'Italia e quelle dei rigoristi, in primo luogo il ministro tedesco Wolfgang Schaeuble. E per questo è sotto il tiro dei tedeschi. Il messaggio di Juncker è che l'esecutivo europeo non media con quello italiano. E che se ci saranno concessioni, saranno decise autonomamente. La trattativa «continua», ha assicurato Padoan. Moscovici ha invitato tutti ad abbassare i toni e poi ha assicurato che le spese per il terremoto e per i migranti saranno prese inconsiderazione nel «medio termine». Tradotto, l'Italia non potrà avere quello 0,4% che chiede. Forse qualcosa più dello 0,1%.

In cambio potrebbe arrivare la promessa di avere sconti anche nei prossimi anni, almeno per quanto riguarda l'immigrazione, visto che di soluzioni europee non c'è traccia.

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