L'Europa si accorge che esistono i marò

Dopo tre anni l'Europarlamento vota una dura mozione. Un giornale indiano: «Meglio che tornino a casa»

L'Europa si accorge che esistono i marò

C'è voluto quel che c'è voluto, sia in termini di tempo che di umiliazioni e pernacchie patite a capo chino (dagli indimenticati governi Monti e Letta, soprattutto) da parte del governo indiano. Ma alla fine, se non altro, sul caso dei marò Latorre e Girone non siamo più soli. Da ieri, per la serie «meglio tardi che mai», al nostro fianco si è schierata l'Europa. Sarà difficile dimenticare l'imbarazzante silenzio con cui l'alto consesso europeo ha accompagnato la tribolata vicenda dei nostri due marò detenuti a Nuova Delhi; ma per una volta, potremo dirci lieti per la stentorea presa di posizione assunta ora dal Parlamento europeo. Una presa di posizione così ferma, così a petto in fuori e mani sui fianchi, da non sembrare neppure partorita dal melenso e cauteloso Parlamento europeo, che in politica estera ha sempre privilegiato lo stile sciacquamorbido.

Nel documento licenziato ieri pomeriggio a Strasburgo, il Parlamento europeo chiede a larghissima maggioranza il rimpatrio dei due marò poiché la loro detenzione senza accusa è «una grave violazione dei diritti umani». Cioè: il governo indiano come quello di Mugabe o del buonanima Saddam Hussein, se le parole hanno il senso che hanno a ogni latitudine. Di conseguenza, è alla giustizia italiana, o al più a un consesso di giudici internazionali che dovrebbe essere attribuita, dicono i parlamentari europei con un linguaggio insolitamente verticale, la competenza giurisdizionale sul caso. «Inaccettabili i lunghi ritardi e le restrizioni alla libertà di movimento dei due fucilieri», en passant , è il commento alla decisione della Corte suprema indiana che l'altro ieri, con un gesto regale, aveva concesso una proroga di 3 mesi al permesso di permanenza in Italia per motivi di salute di Massimiliano Latorre, operato il 5 gennaio scorso per una anomalia cardiaca congenita. Novanta giorni. Dopo di che il detenuto Latorre farà il piacere, secondo i giudici di Nuova Delhi, di raggiungere il suo compagno di detenzione, Salvatore Girone, ristretto nei locali della nostra ambasciata in India.

Lungo e articolato il documento di Strasburgo, che dopo aver espresso «profonda tristezza» e manifestato il proprio «cordoglio per la tragica fine dei due pescatori indiani», si duole del modo in cui «la questione è stata gestita». Il Parlamento, si ribadisce, «sostiene gli sforzi esplicati da tutte le parti coinvolte per ricercare con urgenza una soluzione ragionevole e accettabile per tutti, nell'interesse delle famiglie coinvolte, italiane e indiane, e di entrambi i Paesi».

Federica Mogherini, alto rappresentante per la politica Estera della Ue, ha ora qualche strumento in più da brandeggiare sulle teste dei signori giudici indiani. Il mandato affidatole dalla Ue è di «intraprendere ogni azione necessaria per proteggere i due fucilieri al fine del raggiungimento di una soluzione rapida e soddisfacente del caso». Sicché si può sperare che non resti senza conseguenze l'avvertimento pronunciato l'altro ieri dalla nostra rappresentante, che ha messo in guardia l'India sulle conseguenze che la vicenda dei nostri ufficiali di Marina possa avere sui suoi rapporti con l'Ue. «L'Unione europea - aveva aggiunto la Mogherini, consapevole di avere in tasca l'appoggio del Parlamento - intende onorare il suo impegno per una tutela piena e concreta dei diritti fondamentali dei propri cittadini e di ciascun cittadino europeo in stato di detenzione in ogni parte del mondo». Fin qui le parole. Ora, se si riuscisse a mettere in scena anche qualche fatto, non sarebbe male.

Intanto qualcosa si muove anche sulla stampa indiana. «È giunto il momento di mettere fine alla farsa e rimandare come migliore soluzione i fucilieri a casa per essere sottoposti ad un tribunale militare a Roma», ha scritto ieri The Economic Times

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