Non solo l'attacco alla redazione torinese della Stampa era premeditato, ma anche gli autori non erano nuovi a episodi del genere. Già sabato, all'indomani dell'assalto, gli investigatori hanno segnalato alla procura di Torino i nomi dei primi 36 antagonisti che hanno fatto irruzione nella sede del quotidiano torinese.
E man mano che prosegue il lavoro di identificazione emerge che molti di loro quasi tutti legati ad Askatasuna e ai collettivi studenteschi che fanno comunque capo al centro sociale autogestito di Borgo Vanchiglia - erano già noti alle forze dell'ordine perché immortalati in altri disordini avvenuti sotto la Mole negli ultimi mesi.
Insomma, quelli in azione l'altro giorno in via Lugaro erano, tanto per cambiare, alcuni dei "soliti noti" della galassia antagonista in servizio permanente a Torino. Lo ha confermato, del resto, lo stesso questore del capoluogo piemontese, Paolo Sirna, quando nel corso della riunione straordinaria del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica ha spiegato che buona parte degli "assaltatori" già identificati "sono gli stessi che hanno assaltato il palazzo della Città metropolitana".
In quell'occasione, un nutrito gruppo di manifestanti si era staccato dal corteo del "no Meloni day", lo scorso 14 novembre, riuscendo a fare irruzione negli uffici della città metropolitana da un ingresso laterale, scontrandosi anche con la polizia.
Un copione violento di un film già visto, insomma, che adesso sbarca in procura, dove è già stato aperto un fascicolo d'indagine su quanto accaduto in via Lugaro e poi all'interno della redazione centrale della Stampa.
Le ipotesi di reato attualmente al vaglio sono danneggiamento aggravato, violazione di domicilio aggravata (entrambi procedibili d'ufficio per le aggravanti contestate), imbrattamento (per le scritte spray lasciate sui muri) e violenza privata (relativamente alle minacce contro il quotidiano e i suoi giornalisti).
Escluse, al momento, le accuse "sistemiche" di eversione o terrorismo, si punta ad accertare le responsabilità individuali, le singole posizioni degli antagonisti ("squadristi", li ha chiamati il ministro dell'Interno Piantedosi) già individuati e di quelli ai quali la questura sta ancora cercando di dare un nome setacciando le immagini.
Però, proprio durante il comitato per l'ordine e la sicurezza straordinario di due giorni fa, un elemento sistemico era emerso eccome. Oltre alla presenza dei "soliti noti" sottolineata dal questore, anche il prefetto Donato Cafagna aveva parlato, a proposito della lunga teoria di incidenti e scontri, di una "strategia per mettere sotto pressione la città", mentre i vertici delle forze dell'ordine presenti alla riunione rimarcavano il fattore rappresentato sul clima di tensione dall'avere una "sede logistica, anzi una base logistica" in città. Un riferimento nient'affatto velato ad Askatasuna e alla sua possibile influenza sugli eventi degli ultimi mesi, nonostante il "patto" rinnovato a marzo scorso tra il Comune e il "comitato civico" assegnatario dell'immobile per la transizione da "okkupazione" a bene comune.
Intanto, in attesa della risposta giudiziaria all'assalto dell'altro giorno, in via Lugaro arriva l'ad di Exor John Elkann, per portare di persona la sua solidarietà ai giornalisti, incontrandoli nell'open space ancora imbrattato dalle scritte degli antagonisti su pilastri e pareti. Dopo aver condannato l'attacco come un "brutale e vile" tentativo di "intimidire chi ogni giorno lavora per raccontare la realtà con rigore, serietà e indipendenza", Elkann assicura: "Respingeremo ogni atto di violenza e continueremo a informare i lettori senza farci intimidire da nulla e da nessuno".
Per poi evocare anche lui una dimensione che va al di là del "caso isolato", citando l'attacco al complesso delle Ogr di Torino, avvenuto a inizio ottobre scorso, "nei giorni in cui alcuni di voi erano impegnati a raccontare i lavori dell'Italian tech week", affonda Elkann, per poi concludere: "Momenti e luoghi diversi ma accomunati da una stessa idea, che la violenza possa sostituire il dialogo, che si possa zittire una voce, un'opinione, colpendola".Ora tocca a investigatori e inquirenti rispondere al colpo. E, magari, anche capire se c'è un filo rosso che tiene insieme la catena di scontri e incidenti di piazza degli ultimi mesi.