L'eutanasia allo stupratore è un gesto di pietà e giustizia

La richiesta del detenuto accolta dal Belgio da noi sarebbe respinta per ipocrisia. Inattuata l'idea che il carcere rieduchi. E il Parlamento sulla "dolce morte" tace

L'eutanasia allo stupratore è un gesto di pietà e giustizia

Domenica prossima, 11 gennaio, un ergastolano belga, Frank Van Den Bleeken, 52 anni, sarà ucciso con un'iniezione letale praticatagli legalmente da un medico. L'«esecuzione» avverrà in un ospedale autorizzato dopo che il condannato vi avrà trascorso un paio di giorni, quale degente, giusto il tempo per conversare con i familiari e un sacerdote. Non si tratta tuttavia di pena capitale, inesistente in Belgio, bensì di eutanasia gentilmente concessa al detenuto su sua richiesta, motivata dal fatto che Frank non sopporta il carcere dove è stato recluso per aver torturato e ammazzato, trent'anni orsono, una ragazza diciannovenne, senza contare una catena di stupri.

Egli, nella domanda di eutanasia rivolta all'autorità giudiziaria, ha scritto che i compagni di prigione lo incitano al suicidio dalla mattina alla sera dicendogli che è indegno di vivere; poi ha affermato che, casomai dovesse ottenere la libertà, ne profitterebbe per continuare a commettere i reati che lo hanno portato dietro le sbarre, aggiungendo che il proprio cervello non cessa di elaborare progetti criminali. Di qui la sua decisione di farla finita.

I giudici, supportati dal parere di periti, gli hanno dato il via libera in base al principio, riconosciuto per legge dal Belgio, che il diritto alla «dolce morte» è esteso a tutti i cittadini con i requisiti idonei per pretendere di andare all'altro mondo. Tanto è vero che altri 15 detenuti, sull'esempio di Van Den Bleeken, hanno espresso formalmente il desiderio di essere eliminati e sono in attesa di realizzarlo.

Queste vicende hanno dato la stura nel Paese a polemiche infuocate. Molte persone sono convinte che gli ergastolani debbano marcire in cella per espiare le proprie colpe e non possano, dunque, accedere al privilegio di crepare per propria iniziativa. Il dibattito infuria su vari livelli: religioso, politico, filosofico. Dibattito che in Italia sarebbe inconcepibile, dato che l'eutanasia da noi - pur sollecitata da varie parti - non è prevista per nessuno, figuriamoci per i galeotti che la gente comune vorrebbe murati vivi. La mancanza di pietà è la caratteristica più spiccata dal popolo, amante delle maniere spicce e della giustizia sommaria, peraltro contrastanti con la nostra Costituzione, secondo la quale la detenzione avrebbe una finalità rieducativa. L'ergastolo, occorre precisare, non si concilia con la Carta, poiché è la negazione di qualsiasi tipo di riabilitazione tesa a un reinserimento nella società.

È pur vero che la formula «fine pena mai» di fatto raramente si applica in quanto, scontati 30 anni, all'ergastolano viene accordata di norma la scarcerazione. Ma rimane una contraddizione che meriterebbe un intervento del legislatore: l'ergastolo o c'è o non c'è. Inoltre: o il carcere ha lo scopo di emendare o ha quello di punire e basta. Certe ambiguità e certi dubbi andrebbero sciolti. Invece qui si va avanti alla carlona col risultato di creare una gran confusione, anche per quanto riguarda l'eutanasia.

Mentre in Belgio chi soffre in modo indicibile e aspiri a terminare in anticipo - libero o carcerato che sia - la partita terrena può avvalersi del suicidio assistito, in Italia ha soltanto la facoltà di gettarsi dal sesto piano, e se abita al pianterreno si arrangi diversamente. Una proposta di legge in merito giace alla Camera da oltre un anno nell'indifferenza disumana del ceto politico, impegnato a litigare senza costrutto sul sistema elettorale e sui papabili alla presidenza della Repubblica. Non c'è verso di compiere un passo avanti nella conquista dei diritti civili. Vietato perfino parlarne pacatamente senza irritare i conservatori cattolici, quasi che disciplinare l'eutanasia equivalesse a renderla obbligatoria anche per chi non intenda fruirne.

Oddio, non che in Belgio la questione sia stata superata pacificamente. Tornando a Frank, coloro che sono ostili alla sua opzione mortale sono numerosi. Ma sono stati zittiti da un argomento forte adottato dalle autorità che hanno permesso all'ergastolano di avere soddisfazione.

Se un cristiano confessa di non essere in grado di resistere alla tentazione di uccidere e stuprare, significa che non è responsabile delle sue azioni se non quella di voler soffocare i propri tormenti riposando al cimitero. Aiutarlo ad andarci è un gesto di pietà pura che non collide con la morale evangelica. Amen.

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