L'ex Br condannato per via Fani: "Sconterei l'ergastolo in Svizzera"

Lojacono è cittadino elvetico, si fa chiamare Baragiola e accusa «L'Italia non voleva che nessuno mettesse il naso nel caso Moro»

L'ex Br condannato per via Fani: "Sconterei l'ergastolo in Svizzera"

Dopo la cattura di Cesare Battisti l'attenzione sugli ex terroristi porta alla ribalta l'ex Br Alvaro Lojacono, diventato nel frattempo cittadino svizzero. Lojacono, condannato per l'agguato di via Fani a Roma in cui il 16 marzo 1978 venne rapito il leader Dc Aldo Moro e furono uccisi i cinque uomini della sua scorta, in un'intervista rilasciata alla testata Ticinonline/20 Minuti ha ammesso che sarebbe disposto a scontare l'ergastolo in Svizzera se l'Italia presentasse una richiesta di exequatur corretta e completa (cioè per tutte le condanne italiane cumulate), con la garanzia di non procedere più per gli stessi fatti. L'ex brigatista accetterebbe di scontare in Svizzera l'ergastolo inflittogli da un giudice elvetico sulla base delle sentenze italiane, «almeno metteremmo la parola fine a questa vicenda».

Lojacono all'epoca dell'agguato aveva 22 anni. Ora ha 63 anni, vive in Svizzera come Alvaro Baragiola (il cognome della madre) da uomo libero e con un regolare passaporto elvetico. Ha la fedina penale pulita dopo aver scontato 17 anni per alcuni fatti inclusi nella cosiddetta sentenza Moro 1 bis, lavora e ha una famiglia. Ma, spiega, «l'Italia non riconosce né può riconoscere, la carcerazione sofferta in Svizzera per gli stessi fatti e reati perché non solo non ha chiesto alla Svizzera l'estradizione, ma neppure ha chiesto alla Confederazione di processarmi in Svizzera». «Forse - considera l'ex brigatista - l'Italia non ha voluto che uno stato straniero mettesse il naso nel processo Moro». Nel 2006 l'Italia si limitò a presentare alla Confederazione una richiesta di exequatur, cioè di esecuzione in Svizzera delle condanne italiane ma «la richiesta italiana riguardava solo la sentenza del processo Moro 4 invece del cumulo delle pene dei diversi processi, e non garantiva che, una volta eseguita la pena in Svizzera, il Paese richiedente l'avrebbe pienamente riconosciuta come scontata. Il rischio era che, una volta eseguita in Svizzera, l'Italia avrebbe poi proceduto per farla valere o eseguirla di nuovo, cosa illegale ma non sorprendente, o avrebbe chiesto l'esecuzione ulteriore delle altre condanne. Per questo la richiesta italiana fu respinta dai giudici del cantone Berna».

Lojacono precisa anche di non ritenere il dibattito sugli Anni di Piombo un tabù, ma di non essere disposto a parlare «con chi mi considera ancora oggi terrorista e nemico pubblico. Che non sono». Lojacono racconta di ricevere ancora oggi insulti e minacce ogni volta che l'agguato di via Fani è rilanciato dai media associandolo al suo nome. «Ci sono memorie collettive diverse ed in conflitto tra loro, e nessuna sarà mai condivisa da tutti». «Lojacono venisse in Italia, se vuole scontare davvero la sua pena.

E se no, se ne resti in Svizzera come fa da quarant'anni e ci lasci in pace», dice Sandro Leonardi, figlio di Oreste, il capo della scorta di Moro trucidato in via Fani con raffaele Iozzino, Domenico Ricci, Giulio Rivera e Francesco Zizzi.

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