Dopo l'Olanda, la Norvegia e la Finlandia, ora tocca alla Germania. Paese che con la Turchia ha un rapporto economicamente forte. Ieri la dichiarazione: ha deciso di fermare le vendita di armi alla Turchia. Un annuncio forte, capace di mostrare la strada da seguire. Un modello per gli altri paesi. Lo ha annunciato il ministro degli Esteri tedesco Heiko Maas alla Bild am Sonntag. Una misura, ha spiegato, che intende colpire l'operazione militare avviata da Ankara nel nord est della Siria. Nel 2018, la Germania ha venduto alla Turchia armi per un totale di 240 milioni di euro. Anche la Lega araba sta valutando l'ipotesi di sanzioni contro la Turchia per l'offensiva nel nord della Siria. Il segretario generale dell'organizzazione, Ahmed Aboul Gheit, parlando in occasione della riunione straordinaria dei ministri degli Esteri al Cairo, ha detto che la Lega sta considerando di prendere misure diplomatiche, economiche, sugli investimenti ed il turismo contro Ankara.
I ministri hanno poi detto di considerare Ankara responsabile per «la diffusione del terrorismo o del ritorno dei gruppi terroristici in Siria», e hanno sottolineato l'importanza di avviare negoziati politici intrasiriani sotto l'auspicio delle Nazioni Unite.
È salito a 125 il bilancio delle persone arrestate in varie città della Turchia, dopo aver condiviso sui propri account social dei post critici nei confronti dell'intervento militare turco «Fonte di pace», sferrato da Ankara. Dopo i 121 arresti resi noti dal ministro degli Interni, Suleyman Soylu, è di ieri la notizia di altri 4 ordini di arresto emessi dalla procura di Istanbul. Gli arrestati sono accusati di aver fatto propaganda a favore dell'organizzazione terroristica curda Ypg, vero obiettivo dell'intervento militare turco, aver diffuso post con notizie false riguardanti la morte di bambini e civili e aver utilizzato i propri account social per istigare all'odio nei confronti del governo, dello stato e delle forze di sicurezza turche. E ad essere preoccupato per la situazione è anche il presidente russo, Vladimir Putin che ha ribadito con forza che tutte le forze militari straniere presenti in Siria «illegalmente», e quindi senza il consenso del governo di Bashar al-Assad devono lasciare il Paese.
Il presidente russo ha poi sottolineato che la Russia discute questo problema con l'Iran, la Turchia e gli Stati Uniti. «È qualcosa che dico apertamente ai nostri colleghi: il territorio siriano deve essere liberato dalla presenza militare straniera e l'integrità territoriale siriana deve essere ripristinata». Ma l'intervento di Putin è anche per denunciare un altro aspetto: l'intervento militare della Turchia nel nord est della Siria può portare a una fuga dei prigionieri dell'Isis catturati dalle forze curde. «I combattenti- ha continuato- possono fuggire in tutte le direzioni, minaccia per tutti noi» Sono migliaia infatti, secondo le valutazioni dell'intelligence militare russa, i militanti dell'Isis concentrati nel nord della Siria. Ma non solo terroristi: le autorità curde parlano di 200mila sfollati. Teheran si offre per una mediazione tra Siria e Turchia, mentre Donald Trump sta per autorizzare sanzioni alla Turchia «molto significative» contro la Turchia, che però non verranno per il momento attivate. Il presidente del Consiglio Ue, Donald Tusk fa sapere che «Non accetteremo mai che i rifugiati siano armi utilizzate per ricattarci. Le minacce del presidente Erdogan sono totalmente fuori luogo».
Anche l'Italia fa sentire la sua voce.
«Il Governo Italiano, oltre ai provvedimenti che sta adottando, valuti subito il blocco delle esportazione delle armi alla Turchia», scrive su Twitter il segretario Pd Nicola Zingaretti. «Anche noi diciamo stop alle armi», ha poi aggiunto il ministro degli Esteri Luigi Di Maio.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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