Mondo

Il Libano chiede soccorsi ma scoppia la protesta. Morta anche un'italiana

Macron a Beirut, la rabbia contro il governo La vittima aveva 92 anni, anche dieci feriti

Il Libano chiede soccorsi ma scoppia la protesta. Morta anche un'italiana

Beirut è una città irriconoscibile. Vuota, dilaniata, ferita. Beirut piange, urla. Le persone sono disperate, stanche, afflitte. La città è pervasa da una sofferenza immane. Si sentono soltanto le sirene delle ambulanze, gli edifici sono sventrati, le strade desolate e piene di detriti, vetri, calcinacci, pezzi di muri, macchine distrutte. A Gemmayze i tetti delle case sono scoperchiati, aperti al cielo. Tutta questa zona, di solito molto popolata e piena di locali, è stata abbandonata. E nessuno tornerà presto. Il porto era la linfa vitale del Libano e di tutto il mondo. Qualcosa come l'80% del grano passava da qui. Ora mentre si cammina per le strade ci sono soltanto squadre di pulizia dappertutto. I libanesi hanno subito reagito, vogliono rialzarsi. Persone con pentole e scope ripuliscono la devastazione di un'intera città. Gli abitanti di Beirut però hanno espresso anche rabbia nei confronti del governo. Secondo la versione ufficiale è stata la negligenza che ha portato all'enorme esplosione di martedì. Ma molti hanno accusato l'élite al potere di corruzione, abbandono, incuria.

L'esplosione ha ucciso almeno 137 persone tra cui un'italiana di 92 anni, Maria Pia Livia Dotti. Era sposata con un libanese e viveva a Beirut da molto tempo assieme al figlio. Feriti inveca altri dieci nostri connazionali. Ma mancano all'appello ancora dozzine di persone. Ieri è iniziato anche uno stato di emergenza di due settimane. David che ha un piccolo negozio a Mar Mikhael quartiere della movida nel weekend non ha dubbi: «Ho sempre saputo che siamo guidati da persone incompetenti, da un governo incompetente. Ma quello che hanno fatto ora è assolutamente criminale». Nel frattempo, Amnesty International e Human Rights Watch hanno chiesto un'indagine indipendente sull'esplosione. Ma molti Paesi si stanno già mobilitando per aiutare il Libano in questa tragedia che sembra ancora irreale per la sua ferocia. Medici e soccorritori sono arrivati dalla Francia e da altri paesi, come Iran, Arabia Saudita, Giordania, Israele. Una squadra francese ha affermato che c'erano ancora buone possibilità di trovare altri sopravvissuti. E il governatore di Beirut Marwan Aboud ha precisato con allarme: «Beirut ha bisogno di cibo, Beirut ha bisogno di vestiti, case. Beirut ha bisogno di un posto per la sua gente». Nel frattempo il ministro dell'economia Raoul Nehme ha precisato che il Paese dovrà fare affidamento in parte sugli aiuti esteri per la ricostruzione.

La prima visita nel Libano martoriato è stata ieri quella del presidente francese Emmanuel Macron che appena arrivato ha scritto su Twitter, in arabo e francese: «Il Libano non è solo». Macron è andato sul luogo delle esplosioni, accompagnato dalla delegazione francese, compreso il suo capo della diplomazia Jean-Yves Le Drian. Ha quindi visitato gli abitanti nei quartieri più gravemente colpiti di Mar Mikhael e Gemmayze. Residenti, e manifestanti hanno salutato Macron cantando slogan ostili per il capo dello stato libanese, definendolo un «terrorista». La rabbia popolare si sta diffondendo in maniera pervasiva contro le autorità dopo la tragedia. Il presidente francese ha affermato che chiederà ai responsabili «di attuare riforme per cambiare il sistema, fermare le divisioni e combattere la corruzione».

É intervenuto anche il nuovo ministro degli esteri libanese Charbel Wehbé e ha chiarito che «da questa mattina è stata presa la decisione di creare una commissione investigativa, che ha al massimo quattro giorni per fare un rapporto dettagliato sulle responsabilità. Come, chi, cosa, dove? I colpevoli di questo spaventoso crimine di negligenza saranno puniti», ha assicurato. Nel frattempo si sono moltiplicate le richieste di indagini internazionali indipendenti. Il popolo libanese è stanco, sfiduciato e rabbioso verso una classe politica in cui non crede più, che lo ha già tradito da tempo.

Ma questa ferita resterà.

Commenti