Coronavirus

La Liberazione di Mattarella: leader anti virus solitario

L'omaggio all'Altare della Patria nella piazza deserta Il presidente è il simbolo della resistenza alla pandemia

La Liberazione di Mattarella: leader anti virus solitario

Una piazza vuota, piena di sole e di tristezza. Una scalinata, bianca, lunga, ripida come la montagna innevata che l'Italia deve ancora superare. E un uomo solo, vestito di scuro, la mascherina sulla faccia, che si arrampica in cima con un Paese sulle spalle. Sì, il presidente è solo, senza scorta, generali e seguito, senza che nessuno tra i politici stia dando retta a suoi appelli all'unità, senza la certezza di aver messo la nazione al sicuro, senza che qualcuno lo accompagni in questo rito laico, che tanto somiglia alla passeggiata del Papa. Francesco il 15 marzo camminò da piazza Venezia fino a San Marcello al Corso, in pellegrinaggio solitario al Crocefisso miracoloso. Sergio Mattarella invece santifica la vecchia e la nuova Resistenza, quella contro il virus.

L'avevamo lasciato un paio di mesi fa quando era ancora inverno, tutto imbacuccato in una scuola di Roma, a farsi fotografare con i bambini cinesi e mettere una pezza a una gaffe diplomatica del governo. Ora che fa caldo il cappotto è rimasto nell'armadio del Quirinale. Il capo dello Stato arriva all'Altare della Patria prima delle dieci, senza consiglieri, sale con passo regolare e si ferma davanti al sacrario del Milite Ignoto. Due corazzieri in alta uniforme e mascherina chirurgica lo aspettano davanti alla corona. Il presidente sistema alcune foglie, resta dritto sugli attenti mentre un trombettiere dei carabinieri suona il silenzio. Scende dopo pochi minuti, sempre solo, e prima di risalire in auto si risistema la maschera che si era tolto per la cerimonia.

Immagini forti, che non avrebbero bisogno di un commento. Un silenzio carico di significati. La crisi è dura e lunga, il futuro sanitario ed economico tuttora incerto e la solitudine anche fisica, plastica, del presidente della Repubblica ci dà la misura della difficoltà della sfida, dei pericoli che corre pure la democrazia. Mattarella da qualche settimana è costretto a predicare nel deserto, a coprire le incertezze di un governo che al momento non ha alternative, a sopportare il chiasso di una classe politica che non riesce a fare sistema, a rincuorare i cittadini e a dare all'estero segnali di tenuta. Si può convivere con il virus, non con la paura. Mesi difficili. Prima ha dovuto recuperare con Pechino, dopo la chiusura dei voli per la Cina. Poi, una volta esploso il Covid in casa, ha cercato di apparecchiare un tavolo di collaborazione tra maggioranza e opposizione, una tregua tra Palazzo Chigi e Regioni. L'armistizio ha retto per un po', ma i litigi sono ripresi e ognuno è andato in ordine sparso. E i ripetuti messaggi del Colle a lavorare tutti insieme per il bene del Paese sono rimasti inascoltati. Nel frattempo Mattarella, nel sul modo tranquillo e felpato, si è dato da fare anche in altre due direzioni. Verso l'interno, spronando gli italiani, incoraggiandoli, invitandoli a seguire le disposizioni del lockdown. E verso l'Europa: telefonate con Macron, contatti con altri capi di Stato, messaggi, insomma tutta una intensa azione diplomatica per ottenere le migliori condizioni e far capire ai partner che «non è più tempo di egoismo e nazionalismi».

La solitudine del presidente, uno «come noi», un cittadino che non può nemmeno farsi tagliare i capelli come si è visto nel fuori onda, durerà ancora. L'Italia sta per affrontare la fase due, i programmi sono ancora confusi, i tanti comitati e commissari non sembrano facilitare il processo decisionale e Conte è alla vigilia delle scelte più difficili. Il Quirinale consiglierà e coprirà, per amor di Patria e perché non se può fare a meno. Impossibile, anche volendo, cambiare governo, c'è di mezzo pure un referendum «taglia parlamentari».

A settembre, quando la crisi economica farà davvero sentire i suoi effetti, si vedrà.

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