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L'idea di Grillo: rinunciare alla privacy per ottenere il reddito universale

Sul blog la provocazione: vendere i propri dati in cambio di denaro si può

L'idea di Grillo: rinunciare alla privacy per ottenere il reddito universale

Strano rapporto, quello tra Beppe Grillo, i Cinquestelle e la privacy. Tema sensibile per il MoVimento, ma anche, spesso, nota dolente. Con i richiami del Garante all'associazione Rousseau o come i dubbi, frequenti anche questi, sul voto elettronico. Eppure, ora, arriva una svolta inedita. Almeno a dare retta al blog di Beppe. Che tra aprile dello scorso anno e oggi si è dedicato a promuovere un nuovo slogan, invitando a barattare la propria privacy, su base volontaria, in cambio di vile, ma utile denaro. «reddito universale in cambio dei tuoi dati», titola il blog l'ultimo post sul tema. Promuovendo aziende che propongono piattaforme blockchain - il sistema utilizzato per le valute virtuali - per offrire soldi in cambio di dati personali, venduti volontariamente dai cittadini-utenti, per foraggiare le aziende sempre più affamate di dati sensibili.

Non è, come detto, il primo approccio del blog del Fondatore, che si era già cimentato sul tema prima con un articolo di un consigliere regionale veneto pentastellato, Jacopo Berti, sulla «Salute come fonte di reddito«. Ovviamente, anche in questo caso, il gioco è simile. Berti racconta Enigma, il protocollo teorizzato dal Massachusetts Institute of technology che permette di «monetizzare» i controlli sulla propria salute. Il blog di Grillo fa l'esempio dei prelievi di sangue. Che potrebbero pagarsi da soli se chi ha bisogno di fare le analisi accettasse, per esempio, di vendere i valori del colesterolo ad aziende che producono integratori, quelli dell'emocromo a istituì di ricerca e via così, proponendo a Big Pharma o a chiunque sia interessato i propri trigliceridi. «Gli istituti di ricerca così, in tempo reale ed anonimo, hanno i dati che gli servono per sperimentazione, ricerca ed innovazione. Risultato: la ricerca spende drasticamente di meno, ha i dati in tempo reale, in quantità enorme ed il cittadino riceve soldi quando va a farsi le analisi. Epic win per tutti», conclude il post il consigliere M5S, aggiungendo che Enigma tutela la privacy e lascia al cittadino il controllo totale dei propri dati personali. È lui che decide, appunto, quali, a quanto e a chi venderli. Ad agosto scorso, poi, nuova puntata intermedia. Con un altro post che racconta The zero dollar car, libro dell'esperto di automotive John Ellis che, nel tomo, «sostiene che i consumatori dovrebbero iniziare a pensare alla loro privacy come prodotto». Insomma, «invece di nascondere i nostri dati privati, dovremmo venderli alle aziende, utilizzando i profitti per abbassare il prezzo dei beni e dei servizi che alimentano le informazioni che produciamo».

L'automobile del titolo è il pretesto per un'applicazione pratica del principio. Se utilizzassimo i dati raccolti dai sensori della nostra quattro ruote, ormai imbottita di tecnologia, per raccogliere e vendere i dati, potremmo pagare meno la stessa macchina, o magari, appunto, non pagarla affatto. Dunque ecco che il post racconta come le agenzie che si occupano di meteorologia o clima potrebbero per esempio, e per cominciare, raccogliere da ogni auto dati su pioggia, sole, vento, grandine, temperature. Pagando, si intende. Per non parlare poi dei dati raccolti da navigatori, telefonini, intrattenimento di bordo. Roba da consumatori, materiale per farsi profilare volontariamente ricavandone, almeno - sembrano suggerire libro e blog - un tornaconto economico. Tutto interessante, certo.

E chissà se i cervelloni di Rousseau non la pensino così pure loro.

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