L'imbarazzo di Poletti teste sul pressing su Alemanno

Mafia Capitale, il ministro non nega i rapporti con Buzzi: mi chiese di sollecitare i pagamenti alle coop

L'imbarazzo di Poletti teste sul pressing su Alemanno

Che si conoscessero non c'erano dubbi. Per cominciare, c'è quella foto con il futuro ministro Giuliano Poletti, all'epoca numero uno di Legacoop, a tavola con il ras della 29 giugno Salvatore Buzzi, che aveva organizzato una cena sociale per attovagliarsi con le sue entrature politiche. Quella sera del 2010, nella sede del centro «Baobab» della coop, oltre a Poletti c'erano un Casamonica, l'allora sindaco Alemanno, il futuro assessore alla casa di Marino, Daniele Ozzimo, il parlamentare Pd Umberto Marroni. Poletti, poi, in Mafia Capitale, pur se non sfiorato dalle indagini, viene evocato anche nelle intercettazioni. È il solito Buzzi a vantarsi delle sue conoscenze «pesanti» col dirigente Cns Salvatore Forlenza, quando nel 2014 il Campidoglio voleva privatizzare Multiservizi e l'appalto faceva gola al ras della coop. «Io ancora non ho messo in campo l'artiglieria pesante, eh? - chiosava Buzzi - «Artiglieria pesante, arriva Giuliano Poletti».

E alla fine Poletti, due giorni fa, è arrivato davvero. Non in soccorso di Buzzi a caccia di «sponsor» per un appalto appetitoso. Ma in aula, ascoltato come testimone al processo per la «cupoletta» di Mafia Capitale, quella che secondo i pm faceva il bello e il cattivo tempo a Roma, dal Campidoglio in giù. Se l'ex prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro su Buzzi ha glissato («'ho incontrato solo una volta. Mi chiamò il sottosegretario Gianni Letta e mi chiese se potevo riceverlo», ha detto in aula), Poletti non cela quel rapporto. «Ho conosciuto Buzzi», spiega il ministro, «perché era presidente della 29 giugno, coop importante anche per dimensione, ed era componente della Legacoop Lazio». E quando gli chiedono conto del presunto aiutino paventato da Buzzi, il ministro nega di essere l'«arma finale» che il ras teneva nella manica per far pressioni per l'appaltone sulla macchina comunale. Ammettendo semmai la possibilità di aver chiesto ad Alemanno solo di accelerare i pagamenti. «L'unica cosa che considero ragionevole possa essere accaduta - spiega al giudice Poletti - riguarda i tempi dei pagamenti alle cooperative sociali, perché in quel periodo erano lunghi e rappresentavano un problema per i fornitori che faticavano a pagare gli stipendi». Quella di far qualcosa per accelerare i tempi di pagamento «era una richiesta che mi arrivava da tutte le cooperative» e, come gli altri, «è possibile che Buzzi mi abbia chiesto di interessarmi di questo». Le coop, insomma, avevano «problemi di pagamento degli stipendi». Ma i soldi per mettere a busta paga i politici capitolini, stando alle intercettazioni di Buzzi, non sembravano mancare.

Quanto alla cena, Poletti al processo ricorda tutto, ma proprio con l'aiuto delle ormai celebri foto: «Ho partecipato alla cena della foto uscita sui giornali, il 20 settembre 2010 al Baobab. Ricordo Alemanno, Buzzi, i rappresentanti delle cooperative e altri rappresentanti istituzionali, ma l'ho rivisto dopo leggendo i giornali e guardando le foto». Ed è sempre dalla stampa che il ministro sostiene di aver saputo che la cena sarebbe servita a celebrare la pace tra coop sociali e giunta Alemanno.

Al centro Baobab, invece, Poletti ricorda di essere stato invitato «almeno 10 volte prima di quella sera, perché era un centro che rappresentava positivamente il lavoro delle cooperative sugli immigrati». Quel lavoro che, per dirla con la famosa massima di Buzzi, «rende più della droga».

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