Cronache

L'impotenza del sindaco: "Gli aiuti? 5 euro a testa"

Il primo cittadino di Bresso: «Dovrei decidere io chi ha bisogno del bonus spesa: ma come faccio?»

L'impotenza del sindaco: "Gli aiuti? 5 euro a testa"

La frustata arriva con un post su Facebook: «Cari concittadini, dei fondi stanziati dal governo al nostro comune sono arrivati 139mila euro. Sono 5,3 euro a persona, dovrò fare delle scelte dolorose». Simone Cairo è sindaco di Bresso, nell'area del Milanese più colpita del virus: «Siamo stazionari nei contagi da giorni, ma probabilmente è perché i nostri medici di base sono davvero scrupolosi e li segnalano tutti. Anche quelli che da altre parti non vengono contati». L'epidemia comunque sta passando, quel che resterà sono le difficoltà di far quadrare i conti: «E non è essere pro o contro Conte, ma non si governa con gli slogan. Non si annunciano cifre che non sono vere. Mi dica lei: con 5,3 euro a testa, che ci faccio?».

In pratica: della cifra che fa parte dei 400 milioni elargiti per il bonus spesa, la parte che arriva a Bresso - 27mila abitanti circa - serve giusto per una colazione al bar. Se i bar fossero aperti. E il sindaco si guarda intorno sconsolato: «Come faccio a decidere io chi ha davvero bisogno?». Il meccanismo è drammaticamente semplice: vi diamo i soldi, pensateci voi. Solo che in questo momento la macchina comunale è ferma: «Ci hanno dato da gestire qualcosa di ingestibile, tra l'altro distribuendo il denaro senza neppure pesare l'emergenza. E lo dico da una dei paesi della Lombardia con meno difficoltà di altri. I criteri sono infatti gli stessi per tutti, e i bonus arrivano anche dove l'emergenza non c'è. Intanto vedo in Tv annunci per guadagnare audience. Dove sono però le risposte ai nostri problemi? Siamo soli».

I conti sono presto fatti: «I 4,3 miliardi annunciati dal fondo di solidarietà sono un bluff, al massimo posso ringraziare che arriva un mese prima qualcosa che è già mio. E invece con i soliti spot si parla di cifre a vanvera e si avvelenano i pozzi, perché poi la gente viene da noi sindaci a chiedere i soldi. Tipo quella signora che ha già mandato una mail con il suo Iban, scrivendo potete accreditarmeli lì. Lei adesso se li aspetta, e non certo 5,3 euro. Toccherà a me spiegarle che non è così». Toccherà a lui giustificarsi perché che non ci sono soldi per tutti. E poi a lui toccherebbe pure decidere i vincitori della lotteria più povera del mondo: «Dovrei per esempio escludere chi ha il reddito di solidarietà e magari prende 150 euro al mese. O i commercianti con i negozi chiusi e una famiglia a carico, che avranno chissà quando 600 euro al mese per coprire l'emergenza. O ancora ai pensionati con la minima, che sto convincendo a stare a casa portando loro la spesa. E tutto con un comune che lavora al 20%, con dipendenti malati che rischiano la vita, altri in quarantena e ancora altri fragili e giustamente ora a casa. Dovrei insomma dare trasparenza su una materia così essenziale mentre faccio fatica a gestire la quotidianità. Su questo, ripeto, non ho visto arrivare risposte».

Che alla fine, come spesso capita, si trovano da sole: «Per fortuna da noi è già avviata un'attività di sostegno che vede coinvolti volontari, Protezione Civile e parrocchie. Quei 139mila euro andranno al loro, che stanno dando una mano così preziosa. E poi sa, come sempre i problemi si risolvono grazie alle persone per bene. Quelle che stanno già chiamando: Sindaco, sono in cassa integrazione ma ho dei risparmi da parte: lasci stare, quei soldi li dia a chi ha bisogno.

Peccato però che questo non faccia audience».

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