L'incubo Etruria terrorizza il premier

Dal dossier segreto sui prestiti della banca a babbo Tiziano agli aiutini dell'amico economista Bini Smaghi: ora Renzi trema

L'incubo Etruria terrorizza il premier

Altro che selfie. Altro che dirette Facebook, e-news settimanali e cinguettii. Altro che annunci, sorrisoni e tele promozioni. La verità è che il ciclone che ha travolto Banca Etruria e la famiglia della sua ministra prediletta, Maria Elena Boschi, sta tormentando i sonni di Matteo Renzi.

A minare la terra attorno al premier ci ha pensato anche il fumantino avvocato penalista, Maurizio Bianconi, che in quanto aretino conosce molto bene i meccanismi della sua città. Prima berlusconiano, poi verdiniano, poi fittiano, dal 2008 Bianconi ha litigato praticamente con tutti, e oggi è deputato dei Conservatori e Riformisti. In un'interrogazione ricostruisce i passaggi che vanno dalla vendita di crediti in sofferenza cinque giorni prima del «decreto salvabanche», agli incastri di Banca Etruria con Chianti Banca, un altro istituto toscano vicino al Pd, nato dalle ceneri del Credito Cooperativo fiorentino, la banca fallita di Denis Verdini. Al centro dell'interrogazione c'è l'economista fiorentino Lorenzo Bini Smaghi, ex membro del comitato esecutivo della Banca centrale europea e presidente della Société Générale (azionista di Chianti Banca), ovvero la banca d'affari francese, nominata da Banca d'Italia advisor per la vendita di Banca Etruria (cioè sceglierà l'acquirente). Il 10 aprile 2016, guarda un po', Bini Smaghi (famoso per non essersi voluto dimettere dal board della Bce su richiesta del premier Berlusconi nel 2011, rallentando così la nomina di Mario Draghi a governatore Bce) è stato nominato anche presidente di Chianti Banca. Insomma, un sistema che ruota tutto intorno a Bini Smaghi, «l'economista di fiducia del giglio magico» ora accusato di un grave conflitto di interesse.

Fa bene, dunque, Renzi ad aver paura. Inoltre, dagli ambienti vicini alla procura, ma non solo, arrivano singolari indiscrezioni. L'ultima riguarda suo padre Tiziano, ancora in mezzo ad un'altra grana. Le recenti perquisizioni della Guardia di finanza nella sede centrale dell'istituto di credito, sarebbero solo un depistaggio. I pm, infatti, seguirebbero ben altre piste, molto più rilevanti: da mesi sarebbero in possesso di carte scottanti che metterebbero in difficoltà Renzi e la sua famiglia, e che dimostrerebbero gli intrecci poco trasparenti con Banca Etruria. Prove imbarazzanti, capaci di far vacillare l'intero governo. Non è escluso, infatti, che i pm ne vengano a capo nei prossimi giorni, proprio alla vigilia delle elezioni amministrative del 5 giugno. Questi documenti riguarderebbero, nello specifico, i prestiti concessi alle aziende di babbo Tiziano, nonché alla famigliola del ministro Boschi.

Ovviamente il presidente del Consiglio dissimula tutto e attraverso la sua ultima invenzione, #matteorisponde, fa la faccia schifata quando gli domandano circa le buonuscite milionarie date ai dirigenti della banca fallita: «È squallido».

Ma un'altra bordata che potrebbe travolgere il premier arriva dal liquidatore fallimentare nominato da Banca d'Italia, Giuseppe Santoni. Dopo aver messo nero su bianco tutti gli sperperi operati dai vertici di Banca Etruria nelle sue relazioni relative alla bancarotta, Santoni sta preparando un'integrazione nella quale emergono aspetti ancora più sconcertanti. Nel mirino «l'esplosione delle spese di consulenza nel biennio 2013-14» e le emissioni di subordinate nel giugno 2013, quando la banca era già in una buca. Santoni parla di «carenze nel collocamento dei prestiti obbligazionari» e un capitolo è dedicato alle mancate fusioni con altre banche, come quella con la Banca Popolare di Vicenza alla quale si oppose strenuamente l'allora sindaco di Arezzo, Giuseppe Fanfani (oggi al Csm in quota Renzi).

Se a tutto questo si aggiungono i pasticci in Rai (vedi

Virus) e lo strano caso di Marco Carrai sulla cybersecurity che hanno turbato persino l'imperscrutabile capo dello Stato, Sergio Mattarella, è facile immaginare il clima di tensione che si respira oggi negli androni di Palazzo Chigi.

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