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"L'industria è al tappeto Ma il governo rottama la cabina anti-crisi"

Pirani (Uiltec) spiega l'ingorgo al Mise per le aziende in difficoltà: «Rischio bomba sociale»

"L'industria è al tappeto Ma il governo rottama la cabina anti-crisi"

Il governo è distratto da altri temi «in particolare dalla prescrizione che fa aggio su tutto il resto». Ma ci sono emergenze che rischiano di esplodere in tempi brevi con effetti devastanti sul Paese. Le crisi industriali che non trovano sbocco e poi il «decadimento delle infrastrutture, soprattutto al Sud» che, insieme a scelte politiche errate, rischia di portare l'Italia in tempi brevi in una crisi energetica senza precedenti.

Paolo Pirani è il segretario generale della Uiltec, federazione Uil dei lavoratori di settori che vanno dalla chimica, alla farmaceutica fino all'energia. È anche un esponente del Pd, ma non risparmia critiche all'esecutivo in carica e non rinuncia ad esprimere forte preoccupazione per la possibile «esplosione di tensioni sociali nel Sud per un mancato governo delle crisi industriali».

Ci sono già segnali. La recente aggressione ai leader sindacali all'uscita dal Ministero dello Sviluppo da parte dei dipendenti della Whirlpool di Napoli. Altre tensioni covano negli stabilimenti produttivi in crisi.

Uno dei motivi dell'ingorgo di tavoli di crisi al ministero dello Sviluppo economico, secondo il sindacalista, è l' abolizione della cabina di regia delle crisi istituita prima a Palazzo Chigi e poi a quello che allora si chiamava ministero per le Attività produttive. «Fino al primo governo Conte queste crisi passavano da lì. Serviva a evitare che le diverse crisi industriali approdassero a un punto di non ritorno, che si arrivasse a situazioni esplosive». Servì a gestire crisi come quella della Thyssen Krupp, Sulcis, polo industriale di Gela e Porto Marghera. «Alcune furono portate a soluzione, in altri casi si è evitato che si arrivasse a situazione esplosive», grazie agli ammortizzatori.

Poi la tempesta perfetta. Da un lato la riforma degli stessi ammortizzatori sociali, che ha ridotto la portata di strumenti come la Cassa integrazione, dall'altro lo scioglimento della cabina di regia e l'ingresso di «un capitalismo di ventura internazionale» in Italia. Il governo Conte I «ha pensato di tamponare l'emergenza con populismo e promesse. Il ministro Di Maio andava in giro per il Sud dicendo ci penso io». La realtà è stata un'altra. La gestione ministeriale si è bloccata nella divisione delle competenze dei diversi dicasteri.

Nemmeno l'esecutivo in carica sembra avere voglia di cambiare passo. «Cerca di muoversi, ma in modo timido e con idee poco chiare. Sembrano presi da altre priorità rispetto alle politiche industriali ed energetiche». Peccato che senza una risposta «rischiamo grosso». Ci sono appunto le crisi. Pirani ricorda la Unilever in Molise e la Treofan di Battipaglia. «Temo che la politica non comprenda la portata del fenomeno».

Ma c'è anche l'emergenza infrastrutture. «È stato avviato un processo di decarbonizzazione» delle centrali elettriche, «senza avere al contempo un'alternativa». In sintesi, nel 2025 saranno eliminate le centrali a carbone e la produzione di energia potrebbe non essere sufficiente. Un futuro di blackout che le stesse aziende hanno ben presente. Poi la rete idrica del Mezzogiorno, già alle prese con problemi cronici che si stanno aggravando e la rete ferroviaria inesistente. La paralisi sul riciclo dei rifiuti che potrebbe veramente attivare l'economia circolare. «Per ora dalla politica l'unica risposta sono bellissimi enunciati che poi si traducono in chiusure delle centrali, divieti e nuove tasse».

Non è la politica industriale che serve.

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