L'industria della Z: il merchandise col simbolo dei tank russi spopola sui social

Nei primi giorni di guerra in Ucraina persino Amazon vendeva t-shirt e felpe con quella che in Occidente è già stata ribattezzata "la svastica di Putin". Una parte del ricavato finanzia l'esercito di Mosca

L'industria della Z: il merchandise col simbolo dei tank russi spopola sui social

In Occidente è già stata rinominata "la svastica di Putin". La lettera Z, comparsa già ad inizio febbraio sui carri armati e sui mezzi militari dell'esercito russo lasciando presagire un imminente uso in battaglia, è diventata in breve tempo un segno di appartenenza, una bandiera del nazionalismo russo.

Dal punto di vista comunicativo, al Cremlino hanno ideato una gigantesca operazione di marketing derivante dallo straordinario tam tam generato in mezzo mondo, nel tentativo di "decifrare" il suo significato sotteso. Coprendo con l'alone di mistero che nello storytelling, letterario, cinematografico, storico, rappresenta sempre un valore aggiunto, la Russia ha ben presto mitizzato quella lettera e ciò che sta a rappresentare.

Gli stessi russi, all'inizio, erano molto restii ad aiutare gli occidentali a risolvere l'enigma, e una circolare del Ministero della Difesa è stata diffusa solo il 3 marzo, oltre una settimana dopo l'inizio di quella che in Russia deve, per forza, essere chiamata "operazione militare speciale".

È pressoché certo, ed è stato già ricostruito, che le lettere sui mezzi militari, Z e V, siano state apposte per indicare geograficamente le coordinate di attacco ("Zapod" significa Ovest, "Vostok" significa Est), ma pure per differenziare l'esercito russo da quello ucraino che in parte dispone di dotazioni uguali.

Ma nella sua circolare il Ministero ha spiegato che la Z è stata scelta perché sarebbe l'iniziale di "Za pobedy", espressione russa che vuol dire "per la vittoria". La V, invece, si riferisce alle espressioni "forza della verità" ("V Pravde") e "la missione sarà compiuta" ("vypolnena"). In effetti, in molte città russe, da Samara a Vladivostok, da Sochi a Irkutsk, nei mega cartelloni pubblicitari di strade, piazze ed edifici oltre all'onnipresente Z (accompagnata dall'hashtag "non lasciamoli soli") compare talvolta direttamente la sillaba "Za".

Un'altra interpretazione molto popolare in Russia e pressoché inedita rispetto alle altre è che la Z stia per "zashchita", parola che significa "difesa", conformemente alla narrazione russa secondo cui il popolo del Donbass debba essere protetto, ma per estensione sia il popolo russo che quello ucraino debbano essere difesi dall'Occidente.

Di sicuro c'è che la Z è ormai un simbolo di putinismo. A Mosca ma anche nelle altre regioni della Federazione Russa è stata sfoggiata da politici, star e atleti. Qualcuno l'ha già ostentata anche fuori dai confini nazionali, come il ginnasta ventenne Ivan Kuliak, che nella Coppa del Mondo in Qatar si è presentato sul podio delle parallele (è arrivato terzo) indossando un body con una la Z in bella mostra sul petto. Ma se alcuni Paesi europei stanno già ragionando modi per bandirne l'utilizzo nazionalista (come Repubblica Ceca e Slovacchia), in Russia è d'ufficio dappertutto: su auto, furgoni, mezzi pubblici come i treni, con i direttori dei depositi che hanno ricevuto una circolare speciale che li obbliga a dipingere la Z e la V su tutte le locomotive e inviare prova fotografica.

Oltre a un fenomeno comunicativo virale sui social russi, la Z ha inaugurato un intero settore di merchandise. Compare su t-shirt, felpe, cappellini e accessori vari, capaci di creare un giro d'affari milionario non solo nella stessa Russia ma anche nei Paesi in cui non manca tra la gente il sostegno al Cremlino, come Serbia, Montenegro e Siria. Per un periodo, specie nei primi giorni della campagna militare, addirittura su Amazon si moltiplicavano le inserzioni con la vendita di maggliette (da 15 a 30 euro circa), col sito di e-commerce costretto in fretta e furia a rimuovere gli articoli dopo una sollevazione prima da parte degli utenti che l'avevano segnalato e poi per via delle policy di contrasto al sentimento filoputiniano messo in campo dai colossi, anche commerciali, occidentali.

Ma il fatto che non siano su Amazon cambia poco, perché su Telegram, per non parlare del social russo VKontacte, le inserzioni

circolano ancora numerose, accompagnate da messaggi di sostegno all'esercito russo e anche di contributo economico derivante dalla vendita dei prodotti.
Altro che oro alla patria, oggi la guerra si finanzia anche così.

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