Basta con le «meschinità» su «presunti scambi di favori». Silvio Berlusconi interviene alla fine di una giornata incandescente, per la notizia dei tre azzurri passati alla Lega, per i commenti di Matteo Salvini sull'arresto in Calabria del presidente azzurro del Consiglio regionale Domenico Tallini e, soprattutto, per il martellamento del Capitano sull'«ambiguità» della disponibilità di Forza Italia con il governo con l'offerta di scrivere a 4 mani la manovra.
«Fi è unita sulla linea di responsabilità istituzionale e di chiarezza politica - dice il Cavaliere - da cui chiaramente discende che mai parteciperemo ad un governo con forze politiche per noi totalmente incompatibili, che io stesso ho indicato da giorni e che è stata ribadita in modo unanime dal Comitato di Presidenza». Il leader azzurro esprime il suo «stupore» per notizie giornalistiche su un avvicinamento del partito ai giallorossi e «presunte divergenze» con gli alleati, chiarendo che senza Fi - «soggetto fondante del centrodestra - la «destra sarebbe isolata in Italia e in Ue», lui ha sempre lavorato «per l'unità della coalizione» e il collocamento all'opposizione non è in discussione. Ma «sente il profondo dovere di assumersi le responsabilità verso la Nazione che derivano dal momento gravissimo che l'Italia sta attraversando» e questo «non ha nulla a che fare con manovre di palazzo, con il teatrino della politica». Data la serietà della situazione, per Berlusconi solo «degli irresponsabili perderebbero tempo in piccole manovre parlamentari, noi non lo siamo e non lo sono i nostri alleati, quindi non ci presteremo a strumentalizzazioni mirate a creare equivoci e divisioni».
Sembra parlare a Salvini e Giorgia Meloni, più che agli altri. Più che il voltafaccia di Laura Ravetto, Federica Zanella e Maurizio Carrara diventati leghisti, brucia il fatto che sia stato violato il patto non scritto tra alleati di non rubarsi parlamentari. È già successo anche con Fdi, ma questo è un momento delicato. E poi, su Tallini agli arresti, il leader del Carroccio è stato pesante nell'incoraggiare il procuratore Gratteri, poco dopo aver annunciato il suo governo-ombra tutto verde e ripetendo sospetti su un «inciucio» di Fi con il Pd.
Pochi giorni fa, nell'ultima riunione a distanza tra i tre leader del centrodestra, Salvini e Meloni avevano pressato Berlusconi perché smentisse le voci di accordi sottobanco e il Cavaliere era intervenuto per chiarire che c'era solo senso di responsabilità dietro la disponibilità a collaborare con la maggioranza, in una situazione di emergenza.
In mattinata, dopo una telefonata con il Cavaliere, lo ripete il vicepresidente azzurro, Antonio Tajani: «Fi è e rimarrà all'opposizione. Non è un inciucio cercare di far approvare proposte concrete per tutelare lavoratori, imprese, famiglie e liberi professionisti. E garantire la salute degli italiani utilizzando i 37 miliardi del Mes. Si tratta soltanto di buon senso e di senso di responsabilità per tutelare i diritti dei cittadini». In tv Licia Ronzulli ripete: «Berlusconi è stato chiaro. Fi al governo non entra né ora né mai. Da questo governo siamo distanti e siamo distinti. Fi resta saldamente all'opposizione, agganciata al centrodestra. Salvini si sbaglia. Lo invito a fare una telefonata a Berlusconi». Se non bastasse, ecco Mariastella Gelmini, capogruppo alla Camera: «Non siamo in maggioranza e non ci interessa entrarci perché siamo alternativi alla sinistra, come all'incompetenza grillina: le accuse di inciucio le respingiamo al mittente. A differenza di altre forze politiche siamo all'opposizione dal 2018». Renato Brunetta è ancora più esplicito, ricordando che allora fu Salvini a «sottoscrivere un contratto di governo col tanto odiato M5S, dando vita al Conte 1».
Quanto al «grottesco veto del ministro Di Maio all'ingresso di Fi nel governo», la presidente dei senatori Anna Maria Bernini rassicura: «Fi tornerà al governo quando i 5Stelle torneranno all'opposizione. E prima avverrà, meglio sarà per l'Italia». E Marco Marin aggiunge: «Speriamo che il centrodestra torni presto al governo passando non da accordi parlamentari, ma dal voto degli Italiani».
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