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La linea del Piave di Draghi sono le riforme legate al Pnrr. Altrimenti fondi a rischio

​Dopo un'intera giornata di trattative, riunioni e lavori parlamentari sospesi, alla fine il governo riesce a non andare sotto

La linea del Piave di Draghi sono le riforme legate al Pnrr. Altrimenti fondi a rischio

Dopo un'intera giornata di trattative, riunioni e lavori parlamentari sospesi, alla fine il governo riesce a non andare sotto. E resiste al fuoco amico che si leva ormai da quasi due settimane all'interno della maggioranza. Seguendo, peraltro, uno schema ormai consolidato, secondo il quale il Consiglio dei ministri approva all'unanimità un provvedimento che appena arriva nelle commissioni parlamentari di Camera e Senato viene rimesso in discussione dagli stessi partiti che avevano dato il via libera. Uno in particolare, visto che a cannoneggiare con forza è quasi sempre la Lega. Così è stato ieri, con l'emendamento sullo stop al super green pass al 31 marzo, presentato in commissione Affari sociali dal partito di Matteo Salvini contro il parere del governo. Alla fine è stato respinto, ma ancora una volta quella che è la maggioranza al governo si è mossa in ordine sparso in Parlamento: la Lega favorevole con Fdi, Forza Italia astenuta e M5s, Pd, Leu e Iv contrari. Schema che si è quasi ribaltato sull'emendamento che avrebbe consentito anche alle parafarmacie di effettuare i tamponi Covid (favorevoli M5s, Pd e Leu, contrario il centrodestra).

Certo, per il momento trattasi soprattutto di schermaglie. Che però negli ultimi dieci giorni hanno visto il governo andare sotto per ben sette volte tra Senato e Camera, con il ministro D'Incà costretto a lunghe maratone (anche notturne) in costante contatto con Palazzo Chigi. Il dato politico, invece, dice che la sfuriata di venerdì scorso di Mario Draghi non ha per il momento sortito gli effetti sperati. Il premier aveva chiesto ai capidelegazione coerenza tra quanto si decide in Consiglio dei ministri e quanto poi si fa in Parlamento. Un appello che l'ex Bce aveva drammatizzato, arrivando a paventare senza troppi giri di parole la possibilità di farsi da parte. Nonostante questo, ieri sono continuanti i contrasti in commissione. A cui, però, a Palazzo Chigi non attribuiscono troppa importanza. Certo, l'emendamento della Lega sul green pass è stato visto come una forzatura superflua, perché il premier ha fatto chiaramente capire - sia in conferenza stampa che nelle interlocuzioni politiche - che l'intenzione è quella di allentare velocemente tutte le restrizioni. Ma Draghi è ben consapevole che i passaggi davvero delicati sono ben altri. Insomma, se i partiti hanno bisogno di piantare le loro «bandierine» in vista delle elezioni politiche che si terranno fra un anno, è bene che lo facciano su provvedimenti il cui peso specifico è relativo. Il punto di non ritorno, per Draghi, sono invece i provvedimenti chiave legati all'attuazione del Pnrr. Su quelli l'ex Bce ha fatto capire che non ci sono margini di manovra. D'altra parte, se dopo settimane di trattative e mediazioni si arriva ad approvare in Consiglio dei ministri la delega fiscale, è «impensabile» che gli stessi partiti che hanno dato il via libera pensino di poter riscrivere in Parlamento la parte relativa al catasto. Non è un caso che, in mancanza di un'intesa, potrebbe saltare l'approdo del provvedimento - previsto per lunedì prossimo - in commissione Finanze alla Camera. Discorso simile vale per il ddl Concorrenza o per il provvedimento sugli appalti, così come per quelli sulla giustizia. Tutte riforme che sono determinanti per ottenere i fondi del Pnrr destinati all'Italia.

Ed è questa la linea del Piave di Draghi. Se i partiti si limitano alle schermaglie su questioni non centrali, che facciano pure.

Ma se i toni e i modi da campagna elettorale finiscono per travolgere le fondamenta del Pnrr, il premier ha già fatto sapere di essere pronto a farsi da parte.

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