Cronache

L'integrazione mancata. A Chiari il coprifuoco: profughi fanno paura

Nella cittadina la gente vive barricata in casa e i bimbi escono solo accompagnati

L'integrazione mancata. A Chiari il coprifuoco: profughi fanno paura

nostro inviato a Chiari (Brescia)

La signora all'ingresso del parco stringe la mano della nipotina: «Ormai qui a Chiari i bambini non possono più andare in giro da soli. Dobbiamo controllarli a vista».

I nonni si trasformano in guardie del corpo. Sembra impossibile e invece ci si può sentire estranei, fuori posto, perfino in un paese dove fino a qualche anno fa non succedeva mai niente. Pianura piatta, pioggia, villette e condomini ben curati. Chiari ha poco meno di 20mila abitanti, una forte comunità di tremila immigrati e ora pure la vetrina, per niente gradita, delle tv e dei giornali: lunedì sera una ragazza di 22 anni è stata violentata da tre pakistani che l'hanno sorpresa nel Parco delle Rogge. Ora i tre, profughi richiedenti asilo, sono in carcere, ma in paese qualcosa si è rotto: il vecchio presepe non c'è più. E le paure e le ansie sono le stesse di Milano o Roma. «Nel 2015 - spiega Roberto Campodonico, consigliere comunale dell' opposizione leghista - i furti sono aumentati del 20% cento e la gente ha paura».

Non siamo certo in un Far west, ma l'industria siderurgica e l'edilizia, un tempo fiorente, hanno calamitato migliaia di stranieri: romeni, albanesi, arabi, indiani, pachistani. Molti si sono integrati, ma altri no.

Il problema sta nel limbo dei profughi che arrivano chiedendo asilo, spesso sulla base di dichiarazioni fasulle. Si tratta in sostanza di clandestini che però trovano il modo di guadagnare tempo, mesi se non anni, prima del verdetto delle commissioni. In quel limbo c'è di tutto, i controlli delle forze di polizia, impoverite dai tagli, sono quelli che sono, le risposte delle commissioni, strozzate da ricorsi e controricorsi, sono lente. Troppo. I tre pakistani appartenevano a questa realtà border line e ora dal carcere attaccano la giovane ricoprendola di fango: «Le abbiamo dato 15 euro per avere un rapporto sessuale - sostengono due dei tre fermati-. Alla fine lei ci ha lasciato anche il suo numero di telefono».

I carabinieri ritengono che la versione, velenosa, non abbia alcun fondamento e i tre restano dentro. Ma la rabbia sale e un modello di convivenza rischia di deteriorarsi, se non di andare in pezzi. In un crescendo preoccupante: nei giorni scorsi a Castelcovati, un pugno di chilometri da qui, un romeno ha abusato di una signora ottantasettenne. Orrore che si aggiunge all'orrore. Due giovani sposi, con casa affacciata sul parco, allargano le braccia: «In cinque mesi ci hanno visitato due volte. Sono entrati, hanno spaccato e frugato. Un tizio in fuga da un appartamento l' abbiamo visto sparire fra gli alberi e i cespugli. Le voci attribuiscono le incursioni a gente del' Est, ma vai a sapere». Il paese piatto e tranquillo si scopre sempre più inquieto e diffidente. «Io - afferma una signora in sella ad una bicicletta- ripeto sempre a mia figlia, che ha 25 anni, di non andare in giro da sola. Non si può più».

I dati non aiutano. Da gennaio a settembre 2016 a Brescia sono state valutate 2252 richieste d' asilo e di queste ben 1603 sono state respinte. Il 71 per cento. Numeri altissimi che danno le dimensioni di un problema fuori controllo. La legge è lo scudo migliore per chi non la rispetta.

Queste cifre - è il parere di Simona Bordonali, assessore alla sicurezza della regione Lombardia - sono agghiaccianti: centinaia di irregolari vivono di espedienti. O peggio si trasformano in criminali».

Come i tre ragazzi, più o meno della stessa età della loro vittima, che hanno ucciso l'innocenza di una comunità.

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