Roma«Orlando è un ministro che si avvale della facoltà di non rispondere». Almeno, non a lui: Francesco Storace, leader della Destra. E sì che l'ex governatore del Lazio ha in ballo una questioncella non da poco su cui il guardasigilli potrebbe dire una parola definitiva: il processo che sta subendo per vilipendio del capo dello Stato. Una vicenda che risale al 2007 e che il prossimo 21 ottobre potrebbe giungere a conclusione: quel giorno il Tribunale di Roma dirà se Storace dovrà scontare da uno a cinque anni.
Storace, ripercorriamo rapidamente la vicenda?
«È una vicenda tutta politica. Nel 2007 io ero deputato di An. Era l'epoca in cui il governo Prodi morente sopravviveva grazie all'apporto dei senatori a vita. Scrissi una cosa sulla Montalcini, persona con cui peraltro da presidente della Regione e da ministro della Salute ho avuto sempre un buon rapporto. Repubblica fu abile a mettermi tutti contro, Napolitano ricevette la Montalcini e definì il mio commento indegno. Io usai la stessa parola nei suoi confronti e nel giro di 48 mi ritrovai sotto accusa da parte dell'allora ministro della Giustizia, Clemente Mastella, che dette l'autorizzazione a procedere contro di me alla Procura di Roma».
Perché, va spiegato, non è il capo dello Stato ad attivare la procedura di vilipendio.
«No. Anzi con Napolitano due anni dopo mi chiarii. Ci stringemmo la mano e mi confessò che anche lui è favorevole all'abrogazione del reato di vilipendio. È solo il guardasigilli a poterlo fare».
Quello di allora era Mastella. Quello di ora è Orlando. Che cosa imputa a quest'ultimo?
«Di non aver fatto nulla, nemmeno rispondermi. Qualche giorno fa gli ho scritto una lettera in cui sollecitavo un suo intervento nei giorni in cui si stava lavorando alla riforma della giustizia perché venisse accolta l'esigenza bipartisan di cancellare questa norma».
Bipartisan?
«Ma sì. Proposte di legge per cancellare il vilipendio sono state presentate da Gasparri, da La Russa ma anche da un senatore grillino. E a favore si sono espressi Capezzone, Cicchitto, ma anche il Pd Giachetti e perfino Smeriglio di Sel».
Eppure nulla si muove.
«Sì, ed è incredibile perché in questa faccenda ci sono un sacco di incongruenze. Nella lettera a Orlando ne elenco cinque».
Ce ne dice qualcuna?
«Intanto è incredibile che in epoca di antipolitica si possa mettere in galera qualcuno per un'opinione. È assurda la procedura a misura di casta per cui la tutela della reputazione del presidente della Repubblica avvenga non su querela di parte ma per decisione di un ministro. È illiberale che l'opinione di un esponente dell'opposizione sia valutato da chi sta al governo. E poi, nel mio caso, c'è anche un'evidente discriminazione. Due pesi e due misure».
Perché?
«Negli ultimi anni tantissimi esponenti politici hanno insolentito il presidente Napolitano, primi fra tutti quelli del M5S, ma l'attuale ministro non ha mai ritenuto di dare l'autorizzazione a procedere. Ciò dimostra che anche Orlando non crede al vilipendio. E allora perché solo io devo finire sotto processo? Perfino una cittadina veneta è stata assolta dopo aver dato su Facebook del testa di c... a Napolitano».
E la stampa?
«La stampa con pochissime eccezioni non ritiene che sia interessante parlare di questa storia».
Che succederà il 21 ottobre?
«Comunque lo Stato non farà una bella figura: sia se io sarò assolto sia se io sarò condannato».
E lei che farà?
«Ho chiesto ai miei avvocati nel caso di una condanna di non avvalersi dei benefici di legge a mio vantaggio. Quindi quella sera io busserò alle porte del carcere e chiederò una cella».
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