C'è una guerra, terribile, in Ucraina. Ne è però in corso un'altra, solo politica ed è all'interno del centrodestra: incruenta, con il «solo» rischio concreto della sconfitta dei suoi candidati. Diversamente da quella ucraina, non si sa esattamente quando sia iniziata, ma la battaglia del Quirinale è stata devastante, e da allora è una specie di Vietnam. Mentre per ciò che avviene ad est, il responsabile sappiamo chi sia, Putin, per la guerra del centrodestra tutti sono un po' parte in causa. Però non vogliamo emettere sentenze, non siamo un tribunale, ma individuare alcuni fattori. Il più rilevante è certamente la crescita, nei sondaggi ma non solo, di quello che fino al 2019 (anno delle ultime elezioni a rilievo nazionale, le europee) era lo junior partner della coalizione, Fratelli d'Italia, ora diventato il primo partito. Che, in più, è rimasto all'opposizione contro i suoi alleati passati al governo. Ecco la condizione strutturale di fondo che richiederebbe soluzioni politiche vere, una capacità di analisi di fase, mutata dopo la pandemia e la guerra, e soluzioni concrete. Al loro posto abbiamo invece dispetti reciproci e evitabili ripicche.
Non giova il senso di autosufficienza e quasi di superiorità con cui Fratelli d'Italia a volte sembra trattare i suoi, ancora formalmente, alleati. Per parafrasare Andreotti, forse gli esponenti di Forza Italia e di Lega saranno di media statura, ma non si vedono molti giganti neppure altrove. Con questo splendido isolamento Giorgia Meloni pensa di poter ricostruire il centrodestra, secondo una vocazione maggioritaria, quasi un veltronismo di destra? Ma ciò è semplicemente impossibile, visto che l'attuale legge elettorale non lo consente. Già visibile mesi fa, questo atteggiamento non è mutato, anzi. Hanno giocato due fattori. Il primo, l'essersi schierata in senso atlantista sulla guerra. Una posizione netta, apprezzabile e coraggiosa, viste le ambiguità delle altre destre dell'Europa occidentale. Che le è valso il riconoscimento pubblico anche di Enrico Letta. Ma attenzione, il bipolarismo Letta-Meloni è nel lontano futuro, a breve il primo può disporre dei due forni, un'alleanza con i 5 stelle o un governo istituzionale: mentre Meloni vuole governare solo con il centrodestra, cioè necessariamente alleandosi con Fi e Lega. L'altro fattore è la rinascita di Le Pen. Meloni ha poco a che fare con Marine, ma l'insperato successo della francese sembra smentire chi (compreso il sottoscritto) paventava una via lepenista per l'Italia. Ma questo pericolo c'è ancora. Se infatti Le Pen perderà, come probabile e come ci auguriamo, sarà stata la fortuna di Macron, eletto solo perché meno peggio dell'avversario.
Se invece dovesse per sbaglio vincere, sarà isolatissima, non disporrà di figure con cui comporre il governo e non riuscirà a vincere le elezioni politiche. In entrambi i casi, l'isolamento non è mai splendido. Tutte ragioni per dichiarare un immediato cessate il fuoco, almeno nella guerricciola del centrodestra.
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