L'ultraconservatore Ebrahim Raisi è stato confermato ufficialmente come nuovo presidente della Repubblica islamica iraniana dalla Guida suprema, l'Ayatollah Ali Khamenei. Ieri alla cerimonia, allo spazio Hoseiniye Imam Khomeini nel centro di Teheran, hanno partecipato i principali leader politici e militari del Paese. «Seguendo la scelta del popolo, incarico il saggio, infaticabile, esperto e popolare Ebrahim Raisi come presidente della Repubblica islamica dell'Iran», ha scritto Khamenei in un decreto letto dal suo capo di gabinetto. Raisi, che fino a poco tempo fa era a capo della magistratura, ha vinto le elezioni presidenziali lo scorso giugno con quasi il 62 per cento dei voti. La consultazione è stata segnata però dalla più bassa affluenza alle urne dal 1979, l'anno della Rivoluzione.
Raisi nel suo discorso inaugurale ha toccato i temi più scottanti che il Paese dovrà affrontare. «Lavoreremo per arrivare alla revoca delle sanzioni americane, ingiuste e oppressive, ma la vita degli iraniani non sarà legata alla volontà degli stranieri», ha assicurato. Sul tavolo infatti c'è prima di tutto il dossier nucleare, e poi lo scontro con Israele nella cosiddetta «guerra delle petroliere», inasprita dopo l'attacco con un drone suicida a una nave gestita da un miliardario israeliano, al largo dall'Oman di cui lo Stato ebraico ritiene responsabile Teheran. Un incidente che preoccupa pure Stati Uniti e Gran Bretagna. E ieri altre quattro navi hanno perso il controllo in questo stesso pezzo di mare. L'equipaggio della Asphalt Princess è stato preso in ostaggio da uomini armati, al largo di Fujairah, e la Golden Brilliant, battente bandiera di Singapore, avrebbe colpito una mina. L'Iran è di nuovo sotto accusa, e Israele ha chiesto il sostegno degli alleati. Ora si rischia anche un altro incidente, ma questa volta diplomatico. Enrique Mora, il massimo rappresentante dell'Ue ai colloqui di Vienna, dovrebbe partecipare all'inaugurazione di Raisi giovedì. Una mossa fortemente criticata da Israele.
Oltre ai problemi sullo scacchiere internazionale esistono però anche quelli di politica interna. «La gente ha chiesto un governo che colmi il divario tra la gente e il governo», ha precisato Raisi, che si è impegnato anche a combattere la corruzione. Il suo discorso si è inevitabilmente concentrato sull'economia del paese, che ha un tasso di inflazione alle stelle di oltre il 40 per cento, un'elevata disoccupazione e un enorme deficit di bilancio. Il neopresidente ha detto che ha già pronti i piani per risolvere queste grane. Aveva promesso di tagliare l'inflazione, costruire quattro milioni di case in quattro anni e creare un milione di posti di lavoro all'anno. Come se non bastasse obiettivo di Raisi e del suo entourage è rinforzare i legami con la Cina e la Russia e ridimensionare quelli con l'Occidente. Ma ci sono anche altri nodi sul fronte interno: oltre alla pandemia, le proteste per la mancanza d'acqua partite dal sud ovest ricco di petrolio e poi dilagate in altre zone del Paese, anche a Teheran.
Nel frattempo le trattative per il ripristino dell'accordo sul nucleare sembrano in una fase di stallo. Il sesto round di colloqui si è tenuto il 20 giugno, due giorni dopo l'elezione di Raisi alla presidenza.
Ma non è stato ancora annunciato quando riprenderà il prossimo. Con l'uscita di scena del pragmatico Hassan Rohani l'Iran perderà purtroppo una importante spinta alla moderazione in questi negoziati cruciali per il futuro del paese.
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