L'Iran disilluso vuole disertare i seggi .Vittoria scontata per il "falco" Raisi

Ritirati tutti i candidati riformisti, resta il favorito di Khamenei. Ma i giovani sognano un futuro via da Teheran e dalle sanzioni

L'Iran disilluso vuole disertare i seggi .Vittoria scontata per il "falco" Raisi

Teheran. Da Kheshavas boulevard, un viale alberato, trafficatissimo, si arriva a piazza Ferdosi, dedicata al più grande poeta epico della letteratura persiana, autore dello Shah-Nameh, Il Libro dei re, l'epopea nazionale dei monarchi di Persia. La sua statua domina lo spazio, attorniata da un giardino e le bandiere della Repubblica islamica sventolanti. Dal cuore di Teheran si possono vedere le montagne di Tochal, ora brulle, ma che in inverno sono bianche ricoperte di neve. Uno spettacolo insolito in un Paese del Medio Oriente. Oggi si vota e la capitale è tappezzata soprattutto da manifesti del candidato Ebrahim Raisi, appoggiato dall'Ayatollah Ali Khamenei. Sui poster si legge «Per un Iran forte». Questa è la promessa del candidato conservatore, e religioso sciita dalla linea dura, capo della magistratura iraniana. Anche il palazzo dell'agenzia di informazione di stato Fars è ricoperta da un suo cartello. Ma come previsto dal candidato riformista Abdolnaser Hemmati, ex governatore della banca centrale, alcuni contendenti alla carica di presidente iniziano già a ritirarsi. Ne sono rimasti soltanto altri due a parte Raisi ed Hemmati: il segretario del Consiglio per il Discernimento Mohsen Rezaei e il parlamentare Amir Hossein Ghazizadeh Hashemi.

Teheran al mattino è caotica, attraversata da centinaia di macchine, e affollatissima di gente che fa shopping nei bazar o nei mall. Le donne tutte indossano il chador, il velo che copre la testa, e un soprabito per nascondere le curve del corpo. Ma in questi giorni non si vede per strada la polizia religiosa, la gasht-e-ershad, che solitamente controlla che siano rispettate le regole di costume e morali. Ciò perché il governo vuole incoraggiare la popolazione ad andare a votare ed evitare la temuta bassissima affluenza. Lo skyline di Teheran è segnato da palazzi moderni, interrotti spesso dalle forme delle moschee. Come quelli di Balal, con la sua cupola azzurra e i minareti ricoperti di mosaici blu. La città con i suoi infiniti viali alberati di platani è però molto composita. Il quartiere di Zaaferanie nel nord, è un'area abitata da ricchi e il suo mall Palladium, è un centro che ospita molti brand di lusso. Ci sono gioiellerie, negozi di abbigliamento, di arredamento, caffè e ristoranti. Le iraniane vengono qui per passare il loro tempo libero e fare shopping. Ma dietro il mondo dorato della upper class si cela molta insoddisfazione e disillusione nei confronti della politica.

Nilma, 23 anni, andrà a breve a Milano per seguire un master in genetica, ma ha le idee già molto chiare nonostante la sua giovane età e lo sguardo vigile della madre. «Con questo voto non cambierà nulla, io ho deciso di non votare. Non vorrei più indossare il velo. Per me andare in Italia è un sogno che diventa realtà». Ali, 56 anni, ingegnere, pure è molto duro. «Raisi è stato selezionato direttamente da Khamenei, gli altri candidati sono solo una copertura, dei pupazzi. Si tratta di elezioni ingegnerizzate».

Anche Eloha, 45 anni, manager, ha la stessa opinione. «Ai politici non interessa il nostro benessere, a loro importano soltanto i loro affari. Anche Hemmati fa parte di una grande famiglia: è il nipote dell'ex presidente Ali Akbar Hashemi Rafsanjani.

E tutto ciò mentre l'80 per cento dei giovani con una laurea è disoccupato. Il popolo vuole ritornare all'accordo sul nucleare, eliminare le sanzioni che colpiscono solo le persone normali. Qui tutti amano l'America e l'Europa. Noi purtroppo invece viviamo in un inferno».

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