I tagliagole dell'Isis continuano a sfogare i loro deliri contro la popolazione civile di Mosul, prendendo di mira anche i simboli della cristianità. Negli ultimi giorni i miliziani di Al Baghdadi hanno profanato alcuni luoghi religiosi nelle cittadine di Bartella e Karemlesh. Nella chiesa di Mart Shimony a Bartella sono state divelte croci e sfondate le cassette per le elemosine, nella parrocchia di Mar Giwargis dati alle fiamme immagini e paramenti sacri. La notizia è stata confermata dal personale Onu per i diritti umani che ha anche ricevuto informazioni di un massacro di 15 persone nel villaggio di Sàfina, a 45 km da Mosul. I corpi, tra cui quelli di 4 bambini, sarebbero stati gettati nel fiume. Nel villaggio di Tuloul Naser sono stati scoperti i cadaveri di 70 civili crivellati di colpi. Quanto sta accadendo rafforza ulteriormente la convinzione che l'Isis voglia utilizzare i civili come scudi umani.
In attesa di capire quando inizierà l'assalto per liberare la città, potrebbe essere la Turchia a sferrare un'operazione di terra. L'ipotesi è stata ventilata dal ministro degli Esteri Mevlut Cavusoglu, allarmato dalla presenza di miliziani del Califfato in direzione di Zakho, nel Kurdistan iracheno. Zakho, come Kirkuk, Rutbah e Qaim, rappresenta una delle tante manovre diversive adottate dagli uomini di Al Baghdadi per mettere in difficoltà la coalizione anti-jihadista.
Se la Turchia si dichiara pronta all'intervento, la coalizione internazionale a guida americana ha ufficializzato la propria intenzione di lanciare prossimamente un'operazione per liberare Raqqa, la «capitale» sirana dell'Isis. L'ha annunciato il segretario alla Difesa Usa, Ashton Carter, a seguito di una riunione dei ministri della Difesa della coalizione che si è tenuta a Parigi. Carter non ha precisato quali forze interverranno nell'attacco contro la roccaforte dell'Isis in Siria ma ha escluso la partecipazione della Siria e ha precisato che si tratterà, come a Mosul, di forze locali. Anche il presidente francese Hollande è intervenuto su Mosul, parlando di sostegno alle popolazioni «anche dopo la caduta della roccaforte dell'Isis».
Intanto le forze sicurezza irachene hanno illustrato i progressi ottenuti da quando lo scorso 17 ottobre è scattata l'operazione «Ninive stiamo arrivando». Il capo di stato maggiore dell'esercito Al Barwari ha rivelato che sono stati uccisi 750 miliziani dell'Isis, liberati 54 villaggi, ripreso il controllo di 52 pozzi petroliferi e disinnescato 92 autobombe. Una di queste però ha quasi tolto di mezzo il generale Abdul Wahab al Saedy, comandante delle forze speciali anti-terrorismo, che lunedì sera stava facendo ritorno nelle retrovie quando un kamikaze ha lanciato l'autobomba in direzione del convoglio. Nel corso dei rastrellamenti inoltre è stato catturato nei pressi di Kirkuk Nazar Hammud Ghany, un cugino di Saddam Hussein. Si era nascosto, proprio come il più celebre parente, in una cisterna d'acqua.
A fare da contraltare ci ha pensato i capo di stato maggiore russo Serghiei Rudskoi, che ha accusato la
coalizione a guida Usa di aver «ucciso 60 civili e ferito 200 nei tre giorni di bombardamenti». Al tempo stesso la Russia, per voce del ministro degli esteri Lavrov, si è detta disponibile a un intervento in Iraq se richiesto.
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