L'Italia non è l'America: da noi è strage di agenti

Le vittime qui sono soprattutto tra le forze dell'ordine: due caduti per ogni malvivente ucciso

L'Italia non è l'America: da noi è strage di agenti

Roma - L'Europa sanziona l'Italia per i fatti del G8 di Genova del 2001 e subito e ritorna di moda l'idea di una legge sul reato di tortura. Peccato che Strasburgo non abbia tenuto conto dei dati che parlano chiaro: poliziotti, carabinieri, agenti della Guardia di Finanza, guardie carcerarie uccisi nel corso degli ultimi anni sono molti di più dei malviventi (o comunque dei civili) deceduti per mano degli agenti. Il rapporto è di 2 a 1.

Tanto per fare due calcoli, secondo i dati forniti dal ministero dell'Interno, i dipendenti della Polizia di Stato caduti in servizio nell'anno 2016 (al 27 luglio) sono due, mentre i militari dell'Arma dei carabinieri deceduti in servizio nell'arco dello stesso periodo sono cinque, di cui due uccisi. Il dato così non direbbe nulla se preso separatamente da quello complessivo. Tanto per farvi capire, i caduti della Polizia dal gennaio 2000 a oggi, secondo quanto riportato sul sito www.cadutipolizia.it sono 121, dei quali 20 uccisi. Gli altri sono comunque morti in orario di servizio, vuoi per incidenti durante un inseguimento, vuoi per cause simili. I morti dell'Arma dei carabinieri dal 2006 a oggi sono invece 24, di cui 13 uccisi e nel dato sono compresi anche quelli deceduti nel corso di missioni di pace all'estero, per mano del terrorismo internazionale.

Solo per ricordare qualche nome si parte dal vice brigadiere Mario Viola, morto il 5 gennaio 2000 per mano di due banditi in fuga, per proseguire con Emanuele Petri, finito da due esponenti delle Brigate Rosse sul regionale Roma- Firenze per arrivare fino all'ispettore capo Filippo Raciti, ferito a morte da un grosso oggetto lanciato da un tifoso il 2 febbraio 2007 fuori dallo stadio di Catania. Ma si ricordano anche, tra i carabinieri, tanto per fare qualche esempio, la morte del maresciallo capo Silvio Mirarchi nel giugno 2016 a Marsala o di Antonio Santarelli, picchiato il 25 aprile 2011 da quattro ragazzi appena usciti da un rave party vicino a Pitigliano, in Toscana e ancora, a gennaio scorso, il maresciallo Antonio Taibi, a cui un giovane ha sparato mentre si trovava sulla porta della sua abitazione.

Nell'arco di dieci anni troviamo invece 16 persone uccise per mano di rappresentanti delle forze dell'ordine. E questo anche includendo il caso di Federico Aldrovandi, ferito a morte nel settembre 2005 a Ferrara, e quello ancora controverso di Stefano Cucchi, morto in circostanze ancora da chiarire nell'ottobre 2009 all'ospedale Pertini di Roma. Ma ci sono anche il caso Uva (per cui, però, furono assolti i presunti responsabili) o quello ormai noto di Carlo Giuliani.

«Pensate - spiega il segretario del Sap (sindacato autonomo di polizia) Gianni Tonelli, che da sempre si batte contro il reato di tortura - che ci sono circa seimila poliziotti feriti solo nel corso dell'ultimo anno. Qui c'è un gioco, dei radical chic, che è quello della caccia all'esponente delle forze dell'ordine e che trova appoggio nei salotti di una certa politica, ma è una vergogna, perché in questo modo si va a colpire solo la sicurezza dei cittadini».

Sulla stessa linea Lia Staropoli, presidente dell'associazione ConDivisa, da sempre impegnata nella promozione della legalità: «Con questa fattispecie si prospettano scenari inquietanti. Forse - conclude - si vorrebbe delegare ai cittadini l'onere di intervenire per fermare latitanti o squilibrati armati di machete?».

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