L'Italia ha chiesto al Tribunale Internazionale del Diritto del Mare di Amburgo, che il marò, Salvatore Girone, sempre trattenuto in India, torni in patria. Tutti esultano, ma pochi sanno che sarà quasi impossibile ottenere un verdetto positivo. Stesso discorso per Massimiliano Latorre, che ha ancora un permesso di sei mesi dalla Corte suprema indiana per ristabilirsi dai problemi di salute in Italia. L'esito «più plausibile» secondo Angela Del Vecchio, docente della Luiss di Roma, «è di affidare i due fucilieri di Marina, nelle more della costituzione del tribunale arbitrale, a un terzo Stato, che non sia né l'Italia, nè l'India». In pratica «il tribunale potrebbe bocciare la richiesta (italiana) decidendo che Girone stia bene in India e debba restare lì» sostiene la docente di diritto internazionale. «Oppure motivando che non si possono rimandare i marò in Italia perchè mentre adesso il piatto della bilancia è a favore dell'India, se tornassero si sposterebbe a favore del nostro paese - spiega - Dunque, a mio avviso, l'ipotesi più plausibile è che vengano affidati, come misura cautelare, ad uno Stato terzo». Forse il Belgio, dove ha sede il quartier generale della Nato.
La richiesta a favore di Girone e Latorre, si legge in una nota della Farnesina, «è dettata dalla necessità di tutelare i diritti dei fucilieri di Marina e dell'Italia durante lo svolgimento del procedimento arbitrale avviato il 26 giugno». L'aspetto positivo è che una richiesta sulle misure cautelari rivolta direttamente al presidente del Tribunale del mare, il russo Vladimir Vladimirovich Golitsyn, ha massima priorità. Anche se ci fossero giudici in ferie verrebbero richiamati per decidere in tempi rapidi.
Gli indiani, però, daranno battaglia, come il Giornale ha rivelato quando tutti cantavano vittoria per un'inesistente via libera all'arbitrato da parte di Delhi. Ancora oggi il senatore Pd, Nicola Latorre, presidente della Commissione Difesa al Senato sostiene che «gli ultimi atteggiamenti assunti dalle autorità indiane ci inducono a essere fiduciosi».
In realtà il ministero dell'Interno di Delhi ha chiesto, pochi giorni fa, al suo omologo degli Esteri di opporsi all'arbitrato sostenendo che gli italiani «hanno abusato delle procedure legali». Delhi invocherà l'articolo 294 della Convenzione del diritto del mare (Unclos), che prevede un rigetto dell'arbitrato. «Qualsiasi controversia tra gli Stati relativa all'interpretazione o applicazione della presente Convenzione può essere sottoposta alle procedure previste (dell'arbitrato, ndr) solo dopo che siano stati esauriti tutti i ricorsi interni». Tradotto significa che Delhi difenderà l'applicazione della legge indiana e punterà a processare i marò in fretta e furia.
Del Vecchio, interpellata da il Giornale, ribatte: «Non è stata esaurita la via legale interna? Ma siamo da tre anni davanti ai giudici indiani e la stessa Corte suprema nel gennaio 2013 ha sostenuto che il caso dei due marò è una controversia internazionale». Se non bastasse a convincere i giudici di Amburgo gli indiani si appelleranno al famoso caso Lotus del 1927. La corte internazionale di Giustizia sentenziò che la Turchia aveva diritto ad esercitare la sua legislazione contro la Francia nel caso di una collisione in mare che provocò diversi morti. «Ci proveranno, ma è un'arma spuntata - spiega la docente - Il caso è datato all'epoca della Società delle Nazioni. Non solo ci sono state dopo gli anni Venti nuove convenzioni internazionali, ma l'Unclos che prevede l'arbitrato, le ha superate tutte».
Alessandro, fratello di Girone si illude: «Salvatore sta bene e affronta le giornate con grande dignità lavorando e studiando. Ci auguriamo che la richiesta italiana alla Corte internazionale possa riportarlo in un tempo breve a casa».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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